AMICI DELLA FRATERNITA’, ECCO PER CHI LA GRADISCE UNA RIFLESSIONE
SUL VANGELO DELLA Quarta domenica del tempo ordinario. UN SALUTO DON PIETRO
Le prime
parole pronunciate da Gesù non trasudano
affatto di terrorismo morale, non contengono esortazioni pressanti ad essere
persone religiose, non sono un monito accorato e grave, non contengono neppure
particolari profondità teologiche.
Le
prime parole pronunciate da Gesù
all'inizio della sua vita pubblica sono inscritte nel suo discorso
programmatico. In esso Gesù insegna a
pregare, invita a chiedere al Padre che la terra diventi un regno di pace, che
tutti sulla terra abbiano pane sulla mensa e serenità nel cuore. Le prime
parole pronunciate da Gesù sono le Beatitudini. Queste parole che
proclamano la gioia e che contengono un lieto annuncio sono state largamente
traversate nel corso dei secoli. L'evento cristiano più che come un invito alla
letizia è stato presentato come un cammino doloroso, il credente è stato
invitato ad assumere atteggiamenti passivi e rassegnati, il messaggio cristiano è stato riduttivamente
presentato solo come strada per arrivare al cielo.
Co le Beatitudini
invece Gesù vuol dirci che egli è venuto a
rendere felici gli uomini. Beati
agli occhi di Gesù sono quelli che soffrono e quelli che hanno in sé
caratteristiche che attirano lo sguardo di Dio.
Il tema
della povertà come condizione privilegiata di avvicinamento a Dio è il filo che
unisce le tre letture di oggi. Nella prima il profeta follia emerge come il
cantore dei poveri di Jhvh. Nella seconda l'apostolo Paolo è fiero di
annunciare ad una comunità di poveri lo
scandalo del Vangelo. Infine Matteo proclama beati i poveri in spirito perché
di essi è il regno dei cieli.
1. Beati i
poveri in spirito
La
beatitudine significa più cose:
a. Dio è un
re che protegge coloro che sono deboli e bisognosi. Fra le caratteristiche di
un re giusto vi è proprio quella di difendere i deboli. Il Salmo responsoriale
proclama la regalità di Dio come di colui che "rende giustizia
degli oppressi, dà il pane agli affamati... sostiene l'orfano e la
vedova".
b. La
povertà dunque non è da considerare un merito, ma una semplice condizione di
bisogno. Il povero è colui che non possiede a sufficienza quello che gli è
necessario per vivere, colui che non ha abbastanza ricchezze, potere e cultura.
Il povero è colui che si trova inerme davanti alla vita e alle lotte della
vita. Una persona così è sfortunata in un mondo che privilegia la ricchezza e
il potere. Una persona così, però, diventa "beata" quando
viene il regno di Dio.
Dio,
infatti, non privilegia il ricco, ma dona al povero tutto quello che gli manca,
quanto gli è necessario.
c. In questa
ottica i poveri non sono persone particolarmente virtuose, ma persone
particolarmente bisognose.
La loro
beatitudine non significa esaltazione della loro virtù, ma risposta al loro
bisogno da parte di un Dio che è ricco di misericordia.
2. Sofonia:
la povertà davanti a Dio
La
condizione di povertà pone l’uomo
davanti a Dio nella condizione del bisognoso. Ebbene, è proprio questa
la posizione corretta dell’ uomo davanti a Dio, l'unica posizione vera.
- Che cosa è, infatti,
l’uomo davanti alla maestà del Creatore?
- Che cosa vale la virtù
davanti alla santità di Dio?
- Che cosa è la sua forza di
fronte all'onnipotenza di Dio?
L'autosufficienza umana nella Scrittura appare
sempre come la radice di ogni peccato e disobbedienza.
Il messaggio
di Sofonia si muove in questa linea: il Giorno del Signore sarà "giorno
di ira, di angoscia e di afflizione, giorno di rovina e sterminio".
Una
possibilità di salvezza c'è solo per i poveri della terra che non hanno la
possibilità di inorgoglirsi e quindi confidano solo nel nome del Signore.
Dunque la
povertà non è solo condizione di bisogno, ma è l'unico atteggiamento corretto
dell'uomo verso Dio, perché è l'unico che impedisce l'orgoglio e apre ad una
fiducia semplice e docile.
Dei poveri
Sofonia dice: "non commetteranno più iniquità e non proferiranno
menzogne".
Quando
l'uomo conta sulla propria forza è portato inevitabilmente a difendere la
propria vita con la violenza. Sentendosi minacciato dal mondo e dagli altri si
aggrappa all'inganno come ultimo strumento di protezione.
Ma chi confida nel Signore è libero da tutte queste preoccupazioni.
Al sicuro
dentro la mano di Dio non ha dei sogno di aggredire nessuno per difendersi, non
ha bisogno di ingannare nessuno per riuscire vincitore.
È libero:
libero di amare e di donare gratuitamente.
3. Paolo: la
povertà come scelta e ideale di vita
L'uomo
spirituale non ama la povertà per se stessa. La povertà non ha un magico valore
terapeutico. La povertà apre degli spazi per Dio: strappa dalle sicurezze
mondane e orienta ad altre protezioni, ad altre gioie.
Perciò
Matteo può scrivere: "Beati i poveri in spirito" cioè:
- beati quelli che hanno un
animo da poveri;
- beati quelli che hanno
rinunciato a difendere da sé la propria vita, perché hanno affidato questa
difesa a Dio;
- beati quelli che non si
fanno grandi perché vogliono che nella loro vita sia esaltato il Signore
soltanto.
Chi si fa
povero davanti a Dio depone ogni arroganza, ogni insolenza e protervia anche
nei confronti degli altri.
Conclusione
Il messaggio
della parola di oggi è proclamazione di Dio come l'Unico e diventa
annuncio di salvezza per ogni uomo che riconosce Dio come l'Unico.
L'invito
alla povertà, alla mitezza, all'afflizione ecc.... sono tutti atteggiamenti che
nascono dal riconoscimento gioioso del posto che Dio occupa nella vita del
credente.
Questi
atteggiamenti possono apparire perdenti nella logica dominante del mondo, ma
sono esperienze di beatitudine laddove
Dio si manifesta ed esercita la sua sovranità di salvezza.