La libertà chiama in gioco la nostra responsabilità, verso le altre persone.(L. Ciotti)

venerdì 23 dicembre 2016

Cari Fratelli e Amici della Fraternità Nazareth:, ecco il mio Augurio per Voi...Don Pietro

Natale: una fiaba o un mistero?


Se Natale è una fiaba…
è solo la festa dei consumi e dei regali:
basta un presepio e un albero illuminato,
basta una messa a mezzanotte e un
biglietto di auguri. Per un giorno si può essere buoni.

Se Natale è un mistero…  .
Gesù nasce anche oggi:
là dove si cerca giustizia e amore
dove i rapporti tra le persone sono veri
e costruttivi
dove la preghiera diventa lode
e ringraziamento dove si soffre e si lavora
per un mondo più umano,
dove c'è bisogno di salvezza e liberazione.
Natale: Dio con noi


Questa è la nostra certezza:
il Figlio di Dio, facendosi uomo,
ha legato la sua vita alla nostra;
così, insieme a Lui, la giustizia, la bontà,
la pace e la misericordia si affacciano oggi
nel cuore e sul volto di ognuno,
come desiderio profondo di quella
pienezza che a tutti
è offerta da Colui che nasce anche oggi per noi.


Buon Natale !

venerdì 16 dicembre 2016

MEDITAZIONE SULLA IV DOMENICA DI AVVENTO (Don Pietro)

AMICI, VI PROPONGO QUESTA MEDITAZIONE SULLA IV DOMENICA DI AVVENTO PERCHE’, CONDIVIDENDOLA, POSSIATE PARTECIPARE PIU’ INTENSAMENTE ALLA CELEBRAZIONE DELL’EUCARISTIA DOMENICALE.

1.      Giuseppe al centro, ma alla luce di Gesù e di suo Padre

Non pochi commentatori titolano e indicano questo brano come «L'annuncio a Giuseppe». E certamente è il padre legale di Gesù il destinatario dell’odierno messaggio angelico. E’ il falegname di Nazareth l'interlocutore di Dio. E’ Giuseppe l'uomo che vive un'ora drammatica della sua fede. E’ lo sposo di Maria che si rivela nel racconto uomo giusto e ricco di amore per Dio e per la sua donna.
Ma il cuore del brano, il centro della narrazio­ne, non è Giuseppe: è ancora Dio nella novità sor­prendente del suo agire ed è Gesù, il Figlio nel quale il Padre vuole realizzare una presenza definitiva e salvifica.
Questa sezione del Vangelo secondo Matteo si configura, dunque, come teologica e cristologica, senza per questo escludere il sue radicamento storico, il suo ancoraggio ad antichi racconti traman­dati dai parenti di Gesù, da Maria in particolare.

2.     Gesù, le attese dei secoli si realizzano

Anche per tale pagina, allora, essenziale è co­gliere il cuore del messaggio che l'evangelista vuo­le trasmettere al lettore attraverso simboli, allusioni, rinvii alle Scritture e attraverso i comportamenti degli attori non protagonisti della vicenda narrata.
Ancora una volta l'interesse di Matteo è per quel bambino misteriosamente presente, minuscola goccia di vita, nel grembo di una giovane donna (alma), di una vergine (parthénos). Quel minuscolo grumo di carne pulsante è l'approdo di una storia lunga millenni, carica di attese, bagnata dal pian­to delle generazioni, mille volte nel fango e sem­pre fatta ripartire da Dio rinnovando la sua anti­ca promessa.
Nelle sue notti, frequenti e lunghe, il popolo di Dio, o almeno un suo piccolo resto, ha potuto so­pravvivere all'ostilità del mondo circostante e al suo proprio peccato aggrappandosi a quella pro­messa che Isaia (7,14) enuncia in termini scanda­losi per l'umana ragione e che Matteo riporta a con­ferma della fedeltà di Dio:
« Ecco, la vergine con­cepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele » (1,23). In Gesù l'antica profezia si adem­pie. Dio non delude: tiene fede alla propria pro­messa.
La Scrittura registra puntualmente interventi particolari, diretti, di Dio nella nascita di uomini che dovevano incarnare una sua speciale presen­za, scelti per far progredire il suo disegno di salvez­za. Accade per Isacco (Gn 21), per Giacobbe (Gn 25,21), per Samuele (ISam 1,4-20).
Per Gesù, il Figlio, l'intervento divino è straor­dinario, unico, oltre le leggi della natura. Non ci sarà un padre terreno. Sarà sostituito dallo Spiri­to, il principio ultimo e primo della creazione e della vita. Giuseppe, come vedremo, non si offenderà. La fede e la pratica diuturna della giustizia davan­ti a Dio e agli uomini l'aiuteranno a capire e ad accettare un Dio difficile.

3.      Un futuro delineato fin dalla nascita.

Nel grem­bo verginale di Maria confluisce il fiume dei secoli e, in germe, è già presente e si delinea nei suoi tratti fondamentali il futuro di colui che nascerà. Lo Spi­rito, che concorre al suo concepimento e alla sua nascita, non lo abbandonerà più per l'intero arco della sua breve ma intensa esistenza. Sarà sempre su di lui, in lui, risuonerà sulle sue labbra, renderà potenti le sue mani, lo sosterrà nell'ora tenebrosa.
Preconizzato fin dal grembo materno come Dio-che-salva (Jeshuà), come Dio-con-noi (Emmanuele), egli onorerà pienamente questi titoli, impegnativi oltre che onorifici. Nella casa di Nazareth, sul grem­bo di Maria che nasconde un mistero tanto gran­de, già si protende la luce dei sentieri palestinesi battuti dai piedi dell'amico-dei-peccatori e già si al­lunga l'ombra della croce con cui Dio-salva.
Anche l'elemento arcano, la dimensione del me­raviglioso che attraverserà gli eventi dell'esistenza di Gesù è già presente al suo concepimento, come alba che prelude al giorno.
4.     Giuseppe: scomparire per esserci.
Dio irrompe nel­la vita di questa piccola grande creatura e, come sempre accade, la sconvolge per sempre. Tutto ini­zia con quella gravidanza umanamente inspiegabile  della sua fidanzata, fonte di allegrezza per Ma­ria, di turbamento per lui. La legge di Dio gli im­pone di ripudiare la donna che ama. La certezza della sua innocenza e la carità glielo vietano. Ma non è questo il dilemma che rende interminabili e angosciose le sue notti. Non tra giustizia della legge ed esigenze della carità è il suo dramma.
Giuseppe teme che Dio ami di un amore esclu­sivo la stessa donna che lui ama e siccome è uomo giusto non vuole competere con Dio. Gli avrebbe lasciato campo libero se Dio, attraverso il suo an­gelo, non gli avesse fatto sapere in sogno che l'a­more divino non entra in concorrenza con l'amo­re umano: lo assorbe e lo trasforma, lo trascende, ma non lo distrugge.
E Giuseppe accetta, felice di amare Maria in Dio, rispettoso del mistero che l'avvolge. La Parola-rivelazione di Dio scioglie il dramma di Giuseppe. Rinuncerà a un amore carnale verso Maria per amore di Maria, madre del suo Signore. Ma il suo non sarà un matrimonio apparente. Sarà un vin­colo saldissimo fondato su un amore immenso.
Anche la sua paternità non sarà fìttizia. Il fi­glio, di Maria e dello Spirito, anche Giuseppe dovrà ogni giorno generarlo alla vita, a una fede-obbedienza, a un amore di Dio tanto forte da di­ventare salvifico. Ogni giorno lo ri-conoscerà come Dio-che-salva e lo chiamerà Gesù. Vivendo con lui sperimenterà che cosa veramente significa l'Emmanuele, il Dio-con-noi.
In Giuseppe si compie, anticipato, un piccolo evento pasquale: muore ai suoi progetti umani, al­le sue sicurezze, e dal sonno-morte del suo dram­ma di uomo e di credente esce come risuscitato-"(egherteìs, il verbo della risurrezione!), uno di que­gli uomini nuovi che il Figlio guiderà.


 UN FRATERNO SALUTO, D. PIETRO

mercoledì 7 dicembre 2016

Commento alla festività dell'Immacolata (Don Pietro)

Salve fraternità Nazareth in occasione della Solennità dell’Immacolata vi invio qualche spunto di riflessione, sperando di farvi cosa gradita e, se ci riesco, anche utile per la vostra vita spirituale
                                                                                                                           
1. In Maria Immacolata possiamo contemplare il primo stupendo frutto della redenzione:
·                     Con lei la persona umana è recuperata all'integrità del progetto di Dio.
·                     Il peccato che sembrava connaturato all'uomo viene distrutto, reso estraneo.
·                     La speranza si riempie di consolanti realtà e si supera ogni rischio di illusione.
A ben comprendere tutto questo ci aiuta la prima lettura che è come un affresco sulla condizione umana prima della redenzione

2. Prima lettura: Genesi, 3, 9-15. 20

L'uomo e la donna hanno violato il comandamento di Dio per raggiungere una impossibile autonomia da lui,
  • Hanno considerato Dio come un loro avversario e la sua legge come un limite insopportabile.
·         hanno creduto di trovare la libertà affermando come assoluto il loro desiderio.
Questo evento passato, delle origini della vita dell'uomo, è ancora attuale. Quello che la Bibbia narra l'inizio della storia umana rimane vero ancora oggi, si ripete sotto forme diverse in ogni tempo.
Il peccato originale contiene in sé il peccato di sempre e ne evidenzia la grande malizia.
Il brano della Genesi descrive in modo magistrale gli effetti del peccato:
·                     il primo effetto è l'incapacità dell'uomo di stare alla presenza di Dio. "Il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: dove sei? Rispose: ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura perché sono nudo, e mi sono nascosto".
·                     Significativa è già la domanda di Dio: "Dove sei?". Vuol dire che l'uomo non è là dove dovrebbe essere, che si è determinato già uno scarto tra ciò che l'uomo sarebbe dovuto essere secondo il pensiero di Dio e quello che realmente è diventato.
·                     L'uomo cioè non è più quello che dovrebbe essere, non è più un là dove dovrebbe essere. Una vera disgrazia! Sperimentare l'amarezza di questa disgrazia è avere il senso del peccato.
·                     L'uomo dice: "ho avuto paura perché sono nudo e mi sono nascosto".
·                     L'uomo dunque non è, come dovrebbe, alla presenza di Dio, ma abita, come non dovrebbe, nel luogo della paura.
·                     "Sono nudo": la nudità esprime la condizione di debolezza che è propria della natura umana dinanzi alla grandezza del mondo e alle potenze che lo inabitano. Questa fragilità incute paura all'uomo. Avesse avuto fede in Dio, fosse vissuto sotto il suo sguardo paterno, avrebbe fugato ogni timore. Questo nasce dal fatto che l’uomo non  è al suo posto davanti a Dio, si è nascosto a Lui e si trova solo di fronte all’immensità di un mondo a lui indifferente
·                     Ma non basta: estraniato da Dio l'uomo è diventato anche sospettoso nei confronti della donna che pure aveva considerato "osso delle mie ossa e carne della mia carne".
·                     Ora la donna appare all'uomo come una estranea cui far portare tutto il peso del peccato e della punizione: "la donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato del frutto dell'albero ed io ne ho mangiato".
·                     E così viene meno la solidarietà tra uomo e donna e questo non fa altro che rendere ancora più pesante la condizione di debolezza e di solitudine.
·                     Infine: la donna chiama in causa il serpente che l'ha ingannata.
·                     Figura inquietante quella del serpente: nel mondo che è stato creato da Dio e che quindi in radice è "molto buono" c'è però un serpente che può ingannare. Per l'uomo, cioè, esiste il rischio concreto di essere ingannato, di essere trascinato lontano da Dio con l'illusione di una strada facile e autonoma di felicità.
·                     Domandiamoci: non è forse così anche oggi? Non succede forse che il mondo -certo buono- può diventare tentazione di idolatria?

Il Vangelo: Luca 1, 26-38

Questi elementi richiamati che descrivono la fisionomia spirituale dell'uomo decaduto fanno risaltare il messaggio positivo che è presente nella figura di Maria, nel suo itinerario di vita e di santità. Tentiamo una lettura sinottica, in controluce, tra la prima lettura e il Vangelo.

·                     L'uomo peccatore è incapace di stare davanti a Dio, si nasconde a lui.
·                     Maria di Nazaret al contrario vive la sua esistenza come uno stare alla presenza di Dio

·                     Adamo cerca la sua realizzazione allontanandosi dalla volontà di Dio
·                     Maria di Nazaret al contrario fa dell'obbedienza la scelta essenziale della sua vita: “ Eccomi solo la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola”.

·                     Adamo ed Eva hanno paura di Dio, sospettano che la sua volontà su di loro sia arbitraria e tirannica.
·                     Maria al contrario si affida al progetto di Dio con docilità piena e fiducia totale.



·                     Adamo ed Eva, rompendo il rapporto con Dio, sperimentano anche incomprensione, egoismo e conflitto nella loro relazione.
·                     Maria di Nazaret, al contrario, aderendo a Dio, compie un servizio a vantaggio dell'intera umanità.

·                     Eva si lascia prendere e dominare dal serpente.
·                     Maria di Nazaret, al contrario, si lascia invadere dall’amore di Dio, tanto che l'Arcangelo la saluta come “piena di grazia”.


Così in questa creatura è recuperata la bellezza originaria della persona umana, quella bellezza che il peccato aveva deturpato. Forse per questa bellezza la religiosità popolare ha esaltato Maria contornandola di un alone di mistica ammirazione. Per molti Maria è diventata la figura eccelsa, l’immagine di quello che nessuno di noi è. Attenti però: quello che la vera fede vuole dirci è esattamente il contrario. Maria infatti, se è l'immagine di ciò che nessuno di noi è mai stato con le sue forze, è soprattutto il prototipo di ciò che Dio in Gesù Cristo può fare di ciascuno di noi. Maria, allora, non è l'ideale perduto o irraggiungibile, ma il futuro proposto da Dio come possibile con la sua grazia, il nostro  consenso e la nostra collaborazione.

venerdì 2 dicembre 2016

Commento alle letture della II Domenica di Avvento - Don Pietro Mari

1. Dio entra in questa nostra storia di peccato e di morte e si impegna con noi perché possa realizzarsi l’ideale della creazione: l'armonia tra l'uomo-Dio-gli altri-la terra.
L'uomo vero, l'uomo secondo Dio, vive accogliendo questo dono, facendosi trasformare dallo Spirito di Dio e convertendosi. E’ questo l'annuncio-appello, esaltante ed esigente insieme,  dei brani della scrittura di questa Domenica.

2. Isaia

A) Ci presenta una stupenda immagine di speranza: un mondo dove non c'è iniquità e saccheggio, un mondo inondato dalla conoscenza di Dio, un mondo dove l'uomo, pur debole e  inerme, si sente a proprio agio, amato e accolto, non più pauroso dinanzi a potenze più grandi di lui, non più nella necessità di difendersi da nemici feroci.
È il senso della immagine idilliaca del lupo e dell'agnello, della pantera e del capretto che vivono insieme in pace.

B) Cosa determina la nascita di un mondo così bello? C'è un re che esercita il suo potere con lucidità, decisione e giustizia. Un re che protegge energicamente i deboli e reprime senza accondiscendenza i violenti.
Ma dove nasce un tale re? Quale codice genetico lo ha plasmato? In quale accademia hai imparato un modo così originale di governare?
Il testo dice: "un germoglio spunterà dal tronco di Jesse", cioè dalla dinastia davidica.
È forse questa che trasmette al re giustizia e fedeltà? No. I cromosomi di questa dinastia sono tutt'altro che sani: anch'essa ha conosciuto infedeltà e ingiustizia.
La risposta è un'altra: "su di lui si poserà lo spirito del Signore".
Sarà dunque lo spirito di Dio a guidare questo re. Perché ogni uomo, lasciato se stesso, è preda della paura, dell'avidità  egoistica e dell'aggressività. Queste tendenze possono essere vinte solo dallo spirito di Dio che è spirito di verità, di amore e di libertà.

3. Il Vangelo

Ma la speranza non è attesa inerte, né la salvezza è irruzione miracolosa dall'alto.
All'uomo è chiesto di accogliere il dono di Dio, di lasciarsi plasmare dallo stesso spirito sceso sul Messia e di convertirsi in profondità.
E’ questo l'annuncio ruvido del Battista, questo profeta che impaurisce e affascina. Egli pratica un'austerità che suscita timore e ripugnanza. Ma nello stesso tempo, attira irresistibilmente folle di ascoltatori e di seguaci.
Un uomo così, che non si piega a compromessi, che non si lascia sedurre da vie facili, deve possedere un qualche segreto, una sorgente inesauribile di forza morale. Quale? Una fede incrollabile nel regno di Dio che sta per venire. Una fede così forte da giustificare sacrifici e rinunce. Una fede così limpida da generare libertà interiore di fronte ai potenti della terra.
Giovanni annuncia un giudizio di Dio senza riserve: “scure,  ventilabro e fuoco".
Ma l'annuncio ha anche un significato positivo: invita alla conversione.
Non basta la semplice appartenenza al popolo di Dio. Non bastano i riti. Occorre un mutamento profondo di indirizzo, un ritorno a Dio come ascolto e obbedienza alla sua parola nel riconoscimento del suo primato assoluto. Occorre un "deserto".

Il deserto è il luogo della infedeltà, del peccato per Israele, ma anche il luogo  dell’ essenzialità e dell’ intimità.

lunedì 28 novembre 2016

IL PAPA: «I SOLDI PER IL LAVORO NON CI SONO MA PER FARE LA GUERRA SÌ»

Carissimi,  
un cordiale saluto a tutti voi che partecipate alla quarta edizione del Festival della dottrina sociale della Chiesa che quest’ anno ha come tema: “Oltre i luoghi dentro il tempo”. Questo titolo mi suggerisce alcune riflessioni.   La prima riguarda l’ andare oltre. La situazione di crisi sociale ed economica nella quale ci troviamo può spaventarci, disorientarci o farci pensare che la situazione è così pesante da concludere che noi non possiamo farci niente. La grande tentazione è fermarsi a curare le proprie ferite e trovare in questo una scusa per non sentire il grido dei poveri e la sofferenza di chi ha perso la dignità di portare a casa il pane perché ha perso il lavoro. E quelli che cercano soltanto di curare le proprie ferite, finiscono truccandosi. Questa è la trappola. Il rischio è che l’ indifferenza ci renda ciechi, sordi e muti, presenti solo a noi stessi, con lo specchio davanti, per cui tutto avviene nella nostra estraneità. Uomini e donne chiusi in sé stessi. C’ era qualcuno così che si chiamava Narciso… Quella strada, no.
Noi siamo chiamati ad andare oltre e rispondere ai bisogni reali. È urgente abbandonare i luoghi comuni, che sono ritenuti sicuri e garantiti, per liberare le molte energie nascoste o non conosciute che sono presenti e operano molto concretamente. L’ etica cristiana non è una dogana alla pluralità di espressioni con le quali si manifesta il bene e la cura del prossimo. Andare oltre vuol dire allargare e non restringere, creare spazi e non limitarsi al loro controllo.
Sarebbe bellissimo se i molteplici rivoli del bene andassero a creare un fiume grande la cui acqua vince l’ aridità e porta nuova fecondità, facendo risplendere e rendere bella e amabile questa vita e questo tempo. Andare oltre significa liberare il bene e goderne i frutti.  
Per andare oltre è necessario prendere l’ iniziativa. So che al Festival è dedicato un ampio spazio all’ economia, agli imprenditori, alle imprese e alla cooperazione. Oggi anche in ambito economico è urgente prendere l’ iniziativa, perché il sistema tende ad omologare tutto e il denaro la fa da padrone. Il sistema ti porta a questa globalizzazione non buona che omologa tutto. E il padrone di questa omologazione chi è? È il denaro. Prendere l’ iniziativa in questi ambiti significa avere il coraggio di non lasciarsi imprigionare dal denaro e dai risultati a breve termine diventandone schiavi. Occorre un modo nuovo di vedere le cose!
Vi faccio un esempio. Oggi si dice che tante cose non si possono fare perché manca il denaro. Eppure il denaro c’ è sempre per fare alcune cose e manca per farne altre. Ad esempio il denaro per acquistare armi si trova, per fare le guerre, per operazioni finanziarie senza scrupoli, si trova. Di questo solitamente si tace; si sottolineano molto i soldi che mancano per creare lavoro, per investire in conoscenza, nei talenti, per progettare un nuovo welfare, per salvaguardare l’ ambiente.
Il vero problema non sono i soldi, ma le persone: non possiamo chiedere ai soldi quello che solo le persone possono fare o creare. I soldi da soli non creano sviluppo, per creare sviluppo occorrono persone che hanno il coraggio di prendere l’ iniziativa.
Prendere l’ iniziativa significa sviluppare un’ impresa capace di innovazione non solo tecnologica; occorre rinnovare anche le relazioni di lavoro sperimentando nuove forme di partecipazione e di responsabilità dei lavoratori, inventando nuove formule di ingresso nel mondo del lavoro, creando un rapporto solidale tra impresa e territorio. Prendere l’ iniziativa significa superare l’ assistenzialismo. Vivere questo tempo intensamente porta a scommettere su un futuro diverso e su un diverso modo di risolvere i problemi.

Anche qui vorrei portarvi un esempio. Mi hanno raccontato di un papà che ha un figlio down. Per questo figlio il padre ha fatto tutto ed ha usufruito dei servizi che sono messi a disposizione dagli enti pubblici per l’ istruzione, la cura, la vita sociale. Ma non si è accontentato. Per suo figlio voleva pensare qualcosa che gli desse più dignità e più autonomia. Si è inventato una cooperativa costituita da ragazzi down, ha studiato un lavoro adatto a loro, ha fatto una convenzione con un’ azienda profit per la vendita dei loro prodotti…; insomma, ha creato le premesse lavorative con le quali suo figlio può costruirsi il suo futuro e la sua sana autonomia. È un esempio di andare oltre. Fermarsi significa chiedere ancora e sempre allo Stato o a qualche ente di assistenza, muoversi significa creare nuovi processi. E qui è il segreto: creare nuovi processi e non chiedere che ci diano nuovi spazi. Questi nuovi processi non sono il risultato di interventi tecnici, sono i risultati di un amore, che, sollecitato dalle situazioni, non è contento finché non inventa qualcosa e diventa risposta.
Prendere l’ iniziativa significa anche considerare l’ amore come la vera forza per il cambiamento. Amare il proprio lavoro, essere presenti nelle difficoltà, sentirsi coinvolti e rispondere responsabilmente è attivare quell’ amore che ciascuno di noi ha nel cuore, perché lo Spirito ce l’ ha donato. Prendere l’ iniziativa è la risposta a quel di più che è tipico dell’ amore. Se noi stiamo dentro il tempo con questo di più, questo di più dell’ amore, avvieremo sicuramente qualcosa di nuovo che favorirà la crescita del bene.
Con questa visione della realtà diventa quasi naturale promuovere e sviluppare i, talenti. Agevolare l’ espressione e la crescita dei talenti è ciò che siamo chiamati a fare e per far ciò è necessario aprire spazi. Non controllare spazi, aprirne. Si tratta di far circolare le capacità, l’ intelligenza, le abilità di cui le persone sono state dotate. Liberare i talenti è l’ inizio del cambiamento; questa azione fa superare invidie, gelosie, rivalità, contrapposizioni, chiusure, quelle chiusure preconcette, e apre ad una gioia, alla gioia del nuovo. Evidentemente parlando di talenti si sottintende che il discorso riguarda in particolare i giovani. Se vogliamo andare oltre dobbiamo investire decisamente su di loro e dare loro molta fiducia. Ma mi domando: qual è la percentuale di giovani, oggi, disoccupati e senza lavoro? Questo significa andare oltre, o andare indietro?
Per cambiare bisogna andare avanti insieme e nella stessa direzione. Qualcuno potrebbe chiedersi: “Andare oltre, prendere iniziative, liberare spazi, attivarsi non potrebbe creare confusione?”. Troviamo la risposta nell’ idea di tempo che ci trasmette la Bibbia. 
Il tempo è grazia e pienezza. Andare oltre i luoghi non è il risultato della casualità individuale ma della condivisione di un fine: la storia è un percorso verso il compimento. 
Se ci muoviamo come popolo, se andiamo avanti insieme, la nostra esistenza evidenzierà questo significato e questa pienezza. Concludo inviando un saluto di cuore a ciascuno.
 Colgo l’ occasione per ringraziare il Vescovo di Verona che ospita questa bella iniziativa, ed esprimo il mio grazie sincero a Don Vincenzi per aver organizzato anche quest’ anno il Festival della dottrina sociale, e auguro di proseguire in questo impegno di formare una nuova coscienza sociale. E per favore vi chiedo di pregare per me.
Vi benedico di cuore.

venerdì 25 novembre 2016

PER UN’ AVVENTO SPIRITUALMENTE FECONDO (Don Pietro)

1. L'avvento

L'avvento è il tempo nel quale la comunità credente ripercorre l'attesa del Messia e, poi, ne accoglie la venuta nel tempo.
L'avvento è il tempo del Dio che viene per offrire all'uomo la sua compagnia, per liberarlo dalla solitudine e dall'angoscia cui lo spinge la cultura del presente mentre l'uomo è fatto per l'eterno. L'avvento è anche il tempo della risposta gioiosa e confidente dell'uomo. È un tempo per vivere rapporti nuovi e, così, realizzare l’ ideale della creazione compromessa dal peccato.

2. Le letture bibliche di questa domenica

A. San Paolo.

La storia è orientata al compimento del Giorno del Signore. La notte è lunga: da qui smarrimento e angoscia nei credenti. Ma la notte è anche avanzata: dunque siamo vicini all'alba.
Cosa dobbiamo fare? Dobbiamo attendere e sperare il futuro di Dio. Questo futuro di Dio viene inatteso e improvviso. Il futuro di Dio è  Gesù Cristo al quale dobbiamo aderire e del quale dobbiamo rivestirci. Il futuro di Dio è la rivelazione piena dell'amore di Dio.
Il credente in Cristo non segue i richiami della carne, cioè l'egoismo, nei suoi desideri. Il credente si lascia guidare dallo Spirito di Dio che è amore e santità. Il credente fa diventare presente il futuro che spera modellando la sua vita su Cristo.

B. Il Vangelo 

Il futuro - è questo il messaggio del Vangelo di oggi - viene anche come giudizio di Dio.
Un giudizio che separa due uomini. Un giudizio che viene improvviso e inatteso, come  venne il diluvio. Un giudizio incerto circa l'ora e il modo: bisogna solo essere sempre pronti e preparati.

C.  lsaia

Isaia descrive il suo grande amore per il tempio del Signore. Al tempio egli vede convergere tutti i popoli perché lì finalmente la giustizia e la pace incontreranno le promesse di Dio.
Il profeta, però, si rivolge solo a gente che spera e attende, non agli scettici, ai disincantati, ai ripiegati su se stessi.

3. Spiritualità del tempo di avvento

Bisogna uscire dal torpore e dall’assopimento spirituale.

Occorre molta attenzione per cogliere i segni del Signore che viene, che  sempre viene.

giovedì 24 novembre 2016

Referendum: una riflessione di Raniero La Valle

Caro Bellavite, caro Roberto Mancini, carissimi della Parrocchia Romana di Santa Maria ai Monti con l'amico senatore Luigi Zanda, e Luigi Accattoli, cari amici di Lecce, di Brindisi, sarei venuto come avevo promesso da voi in quest'ultimo scorcio della campagna referendaria, se non fossi stato tradito da un dissesto molto inopportuno delle due camere, questa volta delle due camere cardiache che mi hanno fatto finire al pronto soccorso Umberto I per uno scompenso cardiaco. Le due camere fanno tutte e due la stessa cosa, cioè irrorano tutto l'organismo di sangue fresco e vitale e permettono una vita ordinata, così come con due gambe si corre. Ciò è quello che succede in natura e dovrebbe succedere anche nella politica almeno quando la politica si ispiri a una buona filosofia e cerchi di avvicinarsi, come diceva Aristotele, all'ordine naturale delle cose. Nel mio caso l'ordine naturale delle due camere cardiache ha fatto venire meno, spero provvisoriamente, l'equilibrio tra la mia età e il mio lavoro aumentato in questo periodo a causa del referendum. D'altra parte i valori supremi su cui come dice una famosa sentenza della Corte si fonda la Costituzione Italiana non potevano certo consentire che si stesse a centellinare l'impegno per difenderli dopo che così sconsideratamente sono stati esposti all'abbandono con grave rischio per la pace, per la democrazia parlamentare, per i nostri figli e per gli stranieri.
In questo momento in nome di Moro martire e di Dossetti costituente non posso che esortare tutti al massimo impegno per il No nel Referendum. Per fortuna io devo mettermi in disparte quando già con tutto il movimento dei Cattolici del NO abbiamo potuto esprimere compiutamente la nostra posizione che ci pare così limpida, morale e politica insieme.
E per fortuna abbiamo potuto, nel dipanarsi del ragionamento, chiarire in tutta Italia quali avrebbero dovuto essere i titoli dei cambiamenti proposti dai riformatori se fossero stati quelli veri; e i titoli avrebbero dovuto essere questi:
1) Il vero quesito: Approvate il trasferimento della sovranità dal popolo ai mercati e il passaggio dalla difesa della Patria a quella degli interessi? (Messina, 16 settembre).
2) Il vero quesito: Approvate il superamento della democrazia parlamentare? (Loppiano, 30 settembre).
3) Il vero quesito: Approvate di spegnere la politica e non opporvi al potere? (Matera, 7 ottobre 2016).
4) Il vero quesito: Approvate che lo Stato sia tutto, le Regioni niente e che uno solo decida la guerra? (Bitonto, 19 ottobre, Sesto Fiorentino 22 ottobre).
5) Il vero quesito: Approvate una riforma che prevede la vittoria come il fine della politica e la società divisa in vincitori e sconfitti? (Salerno, 7 novembre).
6) Il vero quesito: Approvate una revisione della II parte della Costituzione che rende la Costituzione non costituzionale? (Modena, 12 novembre).
7) Il vero quesito: Approvate una riforma che tradisca i valori supremi su cui è fondata la Costituzione repubblicana? (Vicenza).
E al contempo abbiamo potuto argomentare la verità dello stesso referendum. Ed è la verità che ci farà liberi.
Sono anche contento che con questo mio ultimo discorso che vi mando " I valori supremi della Costituzione traditi dalla riforma" il mio impegno referendario sia venuto a concludersi non il 4 dicembre ma domenica 20 novembre. La vera data di transito infatti non è quella da una Costituzione all'altra, ma dall'anno della misericordia, che si è concluso il 20 novembre, a un'intera età della misericordia che oggi si inizia. Questo avrei detto a Sotto il Monte nel discorso per il centenario di padre David Maria Turoldo che anche vi allego: occorre sentire che cosa ci sta dicendo questo papa che ci arreca una nuova rivelazione di Dio, perché un Dio così che ama tutti e perdona, tutti quando ancora siamo nel nostro peccato lo avevamo sognato da lontano ma ancora non ce lo aveva raccontato nessuno.
Dunque cominciano per l'Italia e per il mondo tempi buoni e propizi.
Un caro saluto a tutti
Raniero La Valle

mercoledì 23 novembre 2016

IL SIGNIFICATO DELL’AVVENTO

L’evento cristiano e cioè l’incarnazione
e il cammino nel tempo dell’uomo della Parola eterna di Dio, presuppone:                  
- un Dio in esodo da sé, in ec-stasis
- un Dio che esce dal Silenzio, un Dio che si narra
- un Dio Amore che vuole entrare in comunione  con la sua creatura
 Il Tempo liturgico dell’Avvento
è il tempo nel quale particolarmente meditiamo e viviamo spiritualmente questa perenne venuta di Dio
ed il suo incessante venire.
 Le “Grandi Venute” di Dio alla creatura:
- la Creazione: Dio viene come Vita
- la Parola: Dio viene come verità
- Cristo: Dio viene come Padre
- Spirito: Dio viene come Amore
 Il “venire” di Dio:
- nel cuore dell’uomo, come Forza-Speranza
- nel povero, come chiamata ad amare
- nella Comunità, come comunione trinitaria
- in ogni evento e persona, come parola altra
 Lo stile del “venire” di Dio:
- umile, nascosto, gioioso e inquietante
- (fuoco, voce, spada, seme, povero,
straniero, bambino…)
 Come accogliere e vivere l’Avvento-venire di Dio
- con attesa vigilante e paziente
- con attenzione operosa
- con tensione desiderante
 Il nostro Avvento:
- a livello personale:
più ascolto, più preghiera, più relazione, meno cose.
- a livello comunitario:

più partecipazione, più incontri meno attività.