- Gesù non frappone indugi ad incontrare i discepoli. Sembra avere premura di farsi vedere.
- Perché, senza Risurrezione, la vita è insopportabile.
- Un’urgenza – quella di annunciare la Risurrezione – che dobbiamo fare nostra, pena la disperazione dell’uomo.
- La Risurrezione è il primo dei giorni, il giorno dei giorni, il nuovo inizio del mondo, il vero inizio, la nuova Creazione attesa.
2. “mentre erano chiuse le porte, venne Gesù e si presentò in mezzo a loro”.
- sono, sempre, le porte della paura, del fallimento, della morte, del non senso e dell’angoscia, dell’uomo e del mondo ripiegati e prigionieri di se stessi. Le porte delle ideologie…
- Dall’interno l’uomo non sa, non può, forse non vuole aprire quelle porte. Solo il Signore può irrompere dall’esterno e abbattere tutti i muri per snidare l’uomo e incontrarlo liberandolo.
- Cristo continua ad abbattere muri e porte anche oggi. Quanti muri sono stati abbattuti e quante porte sfondate! Altre lo saranno a tempo debito.
3. “Pace a voi!”
- Ripetuto più volte, non è un saluto convenzionale. E’ il dono del Risorto che fa passare i discepoli dalla paura e angoscia alla serenità e gioia. Un cambiamento che può avvenire solo perché è stata vinta la morte da cui ha origine ogni paura.
- Questo saluto riassume tutte le speranze messianiche. “Pace a voi”… La pace è cominciata. Con questo saluto si apre uno spazio nuovo alla comunione degli uomini con Dio e degli uomini fra loro.
- Questo spazio profetico, ultimo, è il Regno di Dio di cui la Chiesa è il segno anticipatore e la prova di “fattibilità”. A condizione che viva la Pace.
4. “mostrò loro le mani e il costato…e i discepoli si rallegrarono…”
- Fonte e ragione della nostra gioia, speranza e vita sono solo quelle mani trafitte e quel petto squarciato, scudo tra il nostro peccato e Dio.
- Quelle mani crocifisse e quel costato aperto ci parlano di un Amore infinito, di un Amore capace di vincere la morte e di dare vita, di un amore che abbatte e supera ogni barriera.
- Essi (mani e costato) hanno fatto e fanno per noi molto più di quanto non abbiano fatto comandando ai venti, placando le onde e operando prodigi.
- Liberata da pietismi devozionali è la vera, unica nostra devozione!
5. “soffiò su do loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo”.
- questo soffio evoca il primo soffio, quello che evoca dal nulla le cose e le fa essere.
- Ora, la nuova creazione, è far emergere ogni essere dalla morte. Non più essere-per- la morte, ma essere-per-la vita, è il destino della creazione.
- E la vita nuova offerta è la comunione con Dio di ogni essere, da realizzare, incoativamente, già nella storia.
- Questa comunione con Dio è la verità nascosta nel mondo, la sua vocazione, destino e piena realizzazione; la Chiesa la anticipa, la celebra e la testimonia al mondo. E’ la sua missione unica.
6. “Tommaso”.
- Tommaso – dice il testo – non era con gli altri quando Gesù era venuto la prima volta. E dov’era? Forse cercava nella solitudine un conforto al suo immenso dolore per aver perso il suo Maestro tanto amato…
- Tommaso non crede alla testimonianza netta, chiara, semplice degli altri che affermano di aver visto il Signore.
- Tommaso non crede ma resta con gli altri discepoli e otto giorni dopo (allusione di Giovanni all’incontro eucaristico domenicale?) di nuovo miracolo e mistero: Gesù venne di nuovo e dice a Tommaso di toccarlo.
- Ma Tommaso rinuncia alle prove che pur aveva preteso, si prostra ed esclama: “mio Signore e mio Dio!”.
- Una confessione stupenda di fede. A Pietro, a Cesarea, Gesù dice che gli è suggerita dal Padre suo che è in Cielo. E a Tommaso da chi? Da uno stato di estasi?
Certo che Tommaso va oltre il “mio Signore” e riconosce in Gesù, , il “mio Dio”, cosa inconcepibile per quei tempi e, forse incomprensibile anche per noi moderni.
L’incontro termina con l’ultima beatitudine del Vangelo: beati quelli che credono senza aver visto.
Termina anche il Vangelo di Giovanni con questa confessione: Gesù Risorto, Signore e Dio.
- Povero Tommaso! Emblema, nei secoli, dell’incredulità, miscredenza e dubbio. Probabilmente anche noi avremmo reagito come lui.
Perché Tommaso, in ogni tempo, rappresenta la fragilità umana dinanzi alla divina perfezione di Gesù.
Uomo facile allo scoraggiamento, Tommaso è, però, uomo di grande lealtà nei confronti di Gesù. Più degli altri, forse.
Ed anche uomo di coraggio, come emerge dalla decisione rischiosa di seguire Gesù a Gerusalemme dopo la notizia della morte di Lazzaro (“Andiamo anche noi a morire con Lui…) mentre gli altri cercavano di dissuadere Gesù; e poi quando ha il coraggio di dire a Gesù che parlava della sua strada verso la morte-vita; “Signore, noi non sappiamo dove vai, come facciamo a sapere la strada?”, il coraggio,cioè, di voler vedere le cose chiaramente.
- Tommaso dopo aver visto la fine dolorosa e ingloriosa di Gesù, era un uomo in crisi, prima ancora che un uomo “scientifico” ante litteram, un uomo oscillante tra scetticismo e incredulità. (E’ l’esperienza di tutti…).
Ma nel buio profondo della crisi di Tommaso viene Gesù: “metti qui il dito e non essere incredulo ma credente”.
La risposta di Tommaso non è una conclusione filosofica, ma una confessione di fede profonda: “Mio Signore e Mio Dio”.
- Mio Signore, confessione: della sovranità di Gesù, della volontaria sottomissione del credente.
- Mio Dio, confessione della divinità di Gesù e dell’obbligo di adorazione che il credente adempiee volontariamente.
- Gesù, per Tommaso, non è più un problema razionale, ma una realtà spirituale davanti alla quale può solo inchinarsi in sottomissione e adorazione.
Due conclusioni:
a) la confessione di fede collettiva (folla, dodici) deve divenire personale, come per Tommaso.
b) La confessione di fede impegna personalmente ma va vissuta in compagnia degli altri credenti la cui lista, compilata da Dio, non coincide sempre con quella fatta da noi. Con Tommaso c’eravamo anche noi, persone che non hanno visto e credono.