La libertà chiama in gioco la nostra responsabilità, verso le altre persone.(L. Ciotti)

domenica 30 luglio 2017

Lettura al Vangelo della XVII domenica del T.O. Don Pietro

1. "Il regno dei cieli è simile ad un tesoro nascosto... ad una perla..."

Il regno dei cieli sta ad indicare qui il regno di Dio. Gli ebrei  non nominano  il nome di Dio ma usano delle perifrasi.
Il regno di Dio significa Dio stesso. Il senso della parabola della perla e del tesoro è diverso nei due casi. Infatti si allude a due diverse esperienze. Il tesoro viene trovato casualmente. La perla invece in seguito ad una accurata ricerca.
Il regno è la realtà più preziosa per un credente. Questo regno già c'è, ma è nascosto. Nascosto in un campo. Il campo è il cuore dell'uomo, è la vita,  il mondo,  la creazione, è la storia Questo tesoro e questa perla occorre cercarli.
Ed entrare in possesso del tesoro e della perla è gratuito. Infatti non esiste merito adeguato.
Occorre però fare spazio al tesoro e alla perla eliminando gli ostacoli.
La grazia cioè si coniuga sempre con la responsabilità.
Il segno  che uno li ha trovato è la gioia che ne segue. Il cristiano non apprezza il sacrificio dello stoico che è sprezzante dei beni.
Il pensiero di possedere un tesoro, una perla dà una gioia che viene da Dio e fa sì che  anche le rinunce per averli non costano molto. Occorre però comunque "vendere i propri averi": nel senso che le cose che non costano nulla non si apprezzano e si ritengono  " dovute".

2. "È simile anche ad una rete... che raccoglie ogni genere di pesci".

Ritorna, come nella parabola del buon grano e della zizzania, la tentazione della selezione e della perfezione. Anche questa mini parabola ci invita a sobbarcarci alla fatica della convivenza.
L'esame di "maturità" e di "idoneità" ci sarà solo alla fine e i "commissari" dell'esame saranno solo gli angeli. È probabile, quasi certo, che l'esito dell'esame comporterà moltissime sorprese...

3. Indicazioni per noi

I discepoli del Signore sono cercatori del tesoro di Dio. 
Noi quanto siamo disposti a rischiare per questo tesoro? 
Ricordiamoci intanto che i compagni di viaggio  non sono dei perfetti. E chi di noi lo è?

martedì 25 luglio 2017

Vietato lamentarsi

L'incontro con il Papa è nato dal mio desiderio di conoscere da vicino una persona che ritengo straordinaria. Gli ho consegnato questo cartello perché nel 2013 Francesco ha pronunciato un'omelia in cui ribadiva la condanna delle lamentele spiegando che "ci tolgono la speranza". Sono state parole che mi hanno colpito perché rafforzavano la mia convinzione in proposito, già espressa in un libro del 2012 che s'intitola "Smettila di lamentarti".

A parlare così è Salvo Noè, psicologo e psicoterapeuta che, come raccontato dal sito Vatican Insider, al termine dell'udienza generale del 14 giugno scorso, ha regalato al Papa un cartello con la scritta `Vietato lamentarsi' che da qualche giorno è appeso all'entrata del suo appartamento, a Casa Santa Marta. "Francesco - spiega Noè - ha reagito con entusiasmo alla consegna del cartello, tanto che appena l'ha visto ha fatto un gesto di apertura.
E poi l'ha letto con attenzione, rimanendo colpito anche dalle frasi scritte sotto quella principale: `I trasgressori saranno soggetti a una sindrome da vittimismo con conseguente abbassamento del tono dell'umore e della capacità di risolvere problemi". Con questo ho voluto dire che se focalizziamo la nostra attenzione sul lamento perdiamo l'attenzione su quelle che sono le soluzioni dei nostri problemi. E allora per me il lamento diventa una perdita di tempo. Dobbiamo concentrarci su ciò che possiamo fare per migliorare la qualità della nostra vita".

"Il Papa affermava in quell'omelia del 2013 - aggiunge Noè - che le lamentele sono cattive perché ci tolgono la speranza. E se ciò è vero in chiave di fede cristiana, lo è anche dal punto di vista psicologico. In questo senso le parole di Francesco hanno rafforzato il messaggio che io cerco di trasmettere a chi viene alle mie conferenze o legge i miei libri. Nella vita ci sono tanti motivi per essere giù di morale, in questo momento. Ci sono difficoltà varie.
Ma se cominciamo ad agire, tutti insieme, per capire quali sono le strategie per migliorare la nostra vita, possiamo farcela. Basta attivare dei valori positivi, cristiani, come quelli della condivisione, dell'ascolto, della comunicazione fraterna. Solo agendo così possiamo stare meglio. Per questo ho apprezzato le parole del Papa, perché anch'io, nel mio piccolo, cerco di aiutare le persone con le parole. Possono essere - a volte - dei farmaci molto potenti".

"In Italia - spiega lo psicoterapeuta - lo sport più praticato non è il calcio, ma il lamento. C'è addirittura chi si laurea in lamentologia e ottiene anche voti alti perché si lamenta di tutto, anche se non c'è un motivo valido. Il lamento, infatti, è un'abitudine e spesso non è legato a determinate circostanze. Se siamo abituati a lamentarci ci lamenteremo sempre, anche in occasione di una bella giornata. Se c'è il sole ci lamentiamo perché sudiamo, se non c'è ci lamentiamo per la pioggia, perché ci bagniamo.
Chi è abituato a lamentarsi, ormai lo fa automaticamente, perché è entrato in una sorta di cappa vittimistica dalla quale tutto gli sembra negativo. Il cartello che ho regalato al Papa vuole essere un modo per sottolineare che se perdiamo tempo a lamentarci quel tempo lo sottraiamo alla ricerca delle soluzioni per migliorare la nostra vita. Quindi dobbiamo cambiare sport: dallo sport del lamento a quello delle soluzioni. Trovare soluzioni insieme per vivere meglio".

"Il lamento, si sa, - aggiunge il dott. Noè - è molto diffuso all'interno delle aziende; nei gruppi di lavoro. Per combatterlo bisogna focalizzarsi sui punti di forza. Nei gruppi di lavoro, infatti, si perde molto tempo in conflitti che provocano disfunzioni e abbassano l'indice di produttività, perché è anche il clima relazionale che si crea a essere negativo, e cioè disfunzionale. Ma se spostiamo l'attenzione a un linguaggio produttivo, `proattivo', scopriamo che non solo viviamo meglio nel nostro posto di lavoro, ma aumentiamo il nostro indice di produttività perché aumenta quello di umanità, così fondamentale nella nostra vita quotidiana". "Non mi aspettavo che il Papa appendesse davvero il cartello `Vietato lamentarsi' all'ingresso del suo appartamento", aggiunge Noè. "Mentre gli consegnavo il cartello, un libro e un braccialetto con la stessa scritta, che si è subito messo al polso, ho sentito che diceva ai suoi collaboratori di metterlo davanti alla sua stanza, ma non speravo tanto". "Certo - conclude con un sorriso - se non fosse accaduto non mi sarei lamentato! Mi sarebbe già bastato incontrare il Papa e ricevere la sua energia. Ma sapere dove ha appeso il mio cartello mi emoziona e mi commuove".

Articolo di Fabio Colagrande

sabato 22 luglio 2017

LETTURA DEL VANGELO DELLA XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO. Don Pietro

La zizzania nel campo di grano

1. Messaggio centrale della parabola
Il bene (raffigurato dal grano) e il male (simboleggiato dalla zizzania) crescono insieme in un intreccio che non spetta all'uomo districare.
Lo farà il Signore a suo tempo.
Al livello strutturale la parabola presenta due elementi: una storia e un dialogo.
La storia prende avvio da una constatazione:  dei contadini si accorgono che nel campo del loro padrone, mischiata al grano, è cresciuta anche della zizzania.
Il dialogo nasce dalla constatazione di cui sopra e consta di due battute con botta e risposta.
Nella storia si intravedono con precisione tre tempi: il primo tempo è la crescita del grano e della zizzania. Il secondo tempo è il dialogo tra i servi e il padrone. Infine il terzo tempo è la mietitura e il giudizio.
Fermiamo la nostra attenzione sul secondo tempo perché ad esso è rivolta e richiamata l'attenzione della parabola.

"Non hai seminato buon seme nel tuo campo?".
È la prima domanda del dialogo. Nell'ambiente sociale palestinese era possibile che qualcuno per vendetta seminasse dell'erba cattiva, della zizzania nel campo di un suo avversario. Nel caso nostro quando i servi scoprono la presenza della zizzania restano sorpresi, non resta però sorpreso il padrone. Ma la sorpresa più grande è un'altra: è l'ordine che dà il padrone di non estirpare la zizzania ma di lasciarla crescere insieme al grano.
Questo quest'ordine è contro l'abitudine diffusa di sarchiare il campo prima della mietitura, per liberarlo dalle erbacce.

"Allora dirò ai mietitori di separare e bruciare nel fuoco la zizzania"
L'esito finale della vicenda non è il punto centrale della parabola. Ma è importante perché testimonia che il padrone non è affatto indifferente al bene e al male.
Allora Dio non pensa al regno come ad una comunità di perfetti, di giusti.
Gesù non ha costituito una cerchia ristretta di santi. I discepoli non sono  autorizzati a fare cernite tra buoni e cattivi. Neppure sono autorizzati a pensare che  bene o male siano la stessa cosa!
Solo alla fine ci sarà la separazione, e non spetta gli uomini farla. Sino ad allora il bene e il male, i buoni e i malvagi debbono convivere insieme.

" Lasciate che crescano insieme"
La zizzania, cioè il male, presente nel campo di Dio è  opera del nemico.Che  cresca insieme al grano è volontà di Dio.
“Lasciate”: qui è la sconcertante novità del messaggio della parabola: è un ordine

domenica 2 luglio 2017

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

  BREVE MEDITAZIONE SULLA XIII  DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO. Don Pietro

1. Amare Gesù più dei familiari più stretti

È questo un bell'esempio di quella radicalità evangelica richiesta ai discepoli del Signore. Ma è praticabile? Sì se si ritiene che l'amore esclusivo per  Gesù non è un sentire più affetto per lui, ma è porre la propria volontà di legarsi a Gesù prima dei vincoli familiari, al vertice dei valori da scegliere.
E questo non è far torto ai propri cari, tutt'altro!

2. Prendere la propria croce e seguire Gesù, per esserne degni

Questo è possibile con l’aiuto della grazia, solo se l'amore per  Gesù è sconfinato. La croce va compresa come il dono totale della propria vita al Signore.
Solo così non si vive per cose vane (facile benessere, il successo ad ogni costo, piacere sempre...), ma si vive in pienezza.

3. I doveri verso i discepoli di Gesù

Bisogna accoglierli come se si accogliesse Gesù.
Ci sarà ricompensa anche per un solo bicchiere d'acqua loro offerto!
Nella prima lettura addirittura Dio dona un figlio in cambio dell'ospitalità ad Eliseo.
È bella una interpretazione spirituale di questo aneddoto: l'amore feconda un cuore  sterile, ma deve essere amore gratuito!
Nella seconda lettura ci viene detto che un amore con queste caratteristiche significa la vittoria piena del proprio Dio e, dunque, sulla morte.