La libertà chiama in gioco la nostra responsabilità, verso le altre persone.(L. Ciotti)

venerdì 24 marzo 2017

Meditazione del Vangelo per la IV Domenica di Quaresima. Don Pietro

ANCHE  DI QUESTA QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA PROPONGO A CHI HA IL DESIDERIO (SANTO!) DI APPROFONDIRE ALMENO UN PO’ LA PAROLA DI GESU’ UNA MIA MEDITAZIONE. BUON…APPETITO A CHI HA FAME…

 Le tappe del cammino di fede

1. La fede è dono, luce che ci investe dall'alto. L’uomo si apre o si chiude a questo dono di luce. L'incontro luce-uomo è sofferto, laborioso e  lungo. Passa attraverso tappe,  esperienze, coinvolge la nostra ragione e la supera a un livello più alto, quello della verità-rivelazione.
2. L'episodio del cieco nato guarito da Gesù è esemplare di questo cammino dalle tenebre alla luce, dalle certezze della ragione alla verità della fede.
Il cieco, guarito dalla malattia fisica, ha bisogno di guarire anche dalle tenebre che avvolgono il suo spirito. E ci arriva solo alla fine di un itinerario di conoscenza e di rivelazione. 

L’itinerario del cieco

1. La prima tappa consiste nella semplice conoscenza esterna di Gesù. "Quell'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: "Và a Siloe e lavati". Continua il cieco: "io sono andato, mi sono lavato, e ora ci vedo".
Il cieco sta dinanzi alla pura materialità dei fatti, ma non sa ancora nulla né del chi, né del come. Non sa capire e spiegare quel fatto così nuovo e sconvolgente che gli è capitato.
È la nostra condizione quando si presenta davanti a noi l'oggettività del Cristo e del suo dono trasformante: un evento tra i tanti.
Si tratta ancora di capire e di decidere che cosa può voler dire per noi personalmente.
Dinanzi all'evento che lo ha coinvolto e sconvolto, il cieco sente nascere in sé delle domande: "Chi è mai costui? E da dove viene la forza ed efficacia della sua parola?".
Un indizio è nel nome della piscina "Siloe" che significa "Inviato".
Che fosse questo il vero nome di Gesù?
Che fosse lui l'inviato del Padre, autorizzato a parlare e ad agire a suo nome? Per questo, forse, le sue parole sono efficaci in quanto trasmettono la forza stessa di Dio?
Gesù, dunque, come inviato di Dio, in rapporto col Padre dal quale viene: è questo il mistero profondo della sua persona.
A questa scoperta il cieco arriva per tappe. Intanto comincia a riconoscere Gesù come un profeta, un uomo che pronuncia parole non sue, ma di Dio. Un buon inizio, non c'è dubbio, ma ancora lontano dalla meta, che resta l'umile e gioiosa professione di fede: "Io credo Signore".
Nella marcia di avvicinamento alla fede lo Spirito che lo guida si avvale anche della contestazione dei giudei, dei farisei.
Questi hanno i loro schemi e le loro teorie, anzi teoremi e tutti gli eventi vanno compresi e spiegati in base ai loro assiomi e postulati. Anche il caso del cieco deve entrare nei loro schemi precostituiti. Secondo questa logica il fatto della guarigione del cieco -un fatto incontestabile- non esiste. Come può operare un miracolo un uomo peccatore come Gesù che non osserva il Sabato?!
Dove può condurre la logica! O Gesù è peccatore e dunque non può operare miracoli o, se opera miracoli, non è dunque peccatore!
Per fortuna il cieco che non è teologo sofisticato, ma un uomo di buon senso, risponde: "Se sia un peccatore non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo".
Poi, con la semplicità dell'uomo della strada aggiunge: "Noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta... se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla...".
2. Fin qui il cammino che il cieco ha potuto fare da solo. Il resto deve venire dall'incontro personale con Gesù.
Questi gli chiede: "credi tu nel  figlio dell'uomo?". Credi, cioè, che attraverso colui che ti ha aperto gli occhi passa la potenza stessa di Dio? E sei disposto a lasciare che la tua vita sia illuminata e corretta da lui?
Da notare: il cieco giunge a confessare pienamente la sua fede quando è espulso dalla sinagoga, quando cioè viene a trovarsi in una condizione di solitudine ed emarginazione, condizione che egli accetta come prezzo per proclamare la sua fedeltà a Gesù e per professare la sua fede in lui.
Un prezzo invece troppo alto e che non son disposti a pagare né i conoscenti del cieco, né i suoi genitori. Ai primi piace interessarsi del caso, ne discutono animatamente, ma non sono disposti a sostenere l'impegno della fede quando questa si fa esigente. Ai secondi  -genitori- fa paura il rischio della scomunica, cioè dell'emarginazione sociale e si tirano indietro. Per loro la fede costa troppo: troppo grande sarebbe il sacrificio richiesto in termini di onorabilità e stima sociale.
Lo stesso discorso vale per i capi farisei giudaici. Essi  si considerano i depositari autentici della scienza religiosa e a partire dalle loro certezze giudicano tutto e tutti. Nei loro sistemi non esiste un varco per una rivelazione di Dio.
Da qui il senso delle ultime, durissime parole di Gesù: "Io sono venuto in questo mondo per giudicare (cioè per operare con discernimento), perché coloro che non vedono (quelli cioè che di fronte alla vita sono disorientati e sentono il bisogno di essere illuminati) possano vedere, e coloro che vedono (cioè quelli che ritengono di avere sufficiente luce nella loro intelligenza e nelle loro certezze) diventino ciechi (vengano cioè privati dell'unica luce vera, la rivelazione dell’amore di Dio e della salvezza loro offerta).
Quelli che capiscono che il loro limitato potere  non è la misura di tutta la realtà, quelli che si riconoscono ciechi vengono aiutati a guarire.
Importante è non dire mai: da soli mai riusciamo a vedere tutto chiaro.
La storia del cieco ci dice che l'uomo rischia di perdersi, nonché di cadere nel ridicolo, se si culla nel vecchio mito dell'onnipotenza della ragione.
Per essere guariti dalla cecità, bisogna sentirsi ciechi.
Cristo anche a noi dice: "va' a Siloe...: va' a quella fontana dove  la Croce di Cristo ha redento le colpe di tutti" (Sant'Ambrogio)

lunedì 20 marzo 2017

CONTRO LA MAFIA: DICHIARAZIONE DI FEDE

CONTRO LA MAFIA: DICHIARAZIONE DI FEDE
Crediamo nel Dio
di cui ci ha parlato Gesù di Nazareth
nel Dio che sa sognare nuovi cieli e nuova terra,
che apprezza i semplici
e ascolta i poveri che giudica i superbi
e sostiene i mansueti. Egli solo ci è Padre!
Con Lui vogliamo resistere
ai signori della morte
e crediamo che non esiste solo la scelta
tra ammazzare o essere ammazzati,
ma che è possibile
lottare senza armi
e con Lui resistere all'indifferenza.
Vogliamo resistere alla logica
che sia solo possibile avere paura o fare paura
colpire o essere colpiti.
Con Lui vogliamo credere
che è possibile avere coraggio
e resistere, dare coraggio e persistere.
Crediamo che nell'ebreo Gesù,
umile falegname della Palestina
in cui ha abitato la pienezza di Dio,
che ha portato lo Spirito della verità
e della giustizia, abbiamo trovato la via.
Egli solo ci è Signore!
In Lui ora sappiamo
che dobbiamo lasciare le vie tracciate da altri
la vita soffocata dal desiderio di quieto vivere,
dal tornaconto e dall'ammirazione per i furbi.
Con Lui vogliamo resistere
ai maestri della morte e crediamo
che non esiste solo la scelta o noi o glii altri,
ma che è possibile
resistere al malvagio e sconfiggere la mafìa
non pagare tributi alla prevaricazione
e alla morte, e con Lui osiamo sognare
per vedere un giorno tempi di giustizia
e di pace tempi di fratellanza e di sazietà.
Crediamo nel dono dello Spiritodi Dio
Reale presenza di Dio
Concreta forza della nostra esistenza,
vero sotegno nelle momentanee sconfitte,
coraggio nell’assumere posizioji chiare
contro ogni sopraffazione.
Egli solo ci guida!
Per Lui condanniamo che versa sangue
e si fa giustizia da sé.
Riteniamo colpevole chiunque usi violenza,
chiunque corrompa
e chiunque si lascia corrompere.
Con Lui vogliamo resistere
ai giustizieri della morte
E crediamo che non esiste solo la scelta
“o omerta, oppure  morte”,
ma che è possibile resistere
alla paura dei ricatti e alla sfida delle lupare,
persistendo nella giustizia.
Con Lui vogliamo sognare che i fiori dei nostri campi
e le strade dove giocano i nostri bambini
Non saranno più bagnati né da sangue innocente,
né da sangue colpevole,

perché l’ultima parola sarà della vita

domenica 19 marzo 2017

Meditazione del Vangelo della Terza Domenica di Quaresima - Don Pietro

Amici per chi lo desidera ecco una mia lettura del vangelo della Terza domenica di quaresima: gesù e la samaritana (d. pietro)


1. "I nostri padri hanno adorato Dio su questo monte e voi dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare".

La donna samaritana vuol sapere qual è il luogo legittimo per il culto: il Monte Garizim su cui adorano i samaritani, o il Monte Sion, dove si recano i giudei.
A noi questa controversia tutta interna al mondo giudaico può apparire una questione secondaria, di sapore arcaico, una questione di scuola. E invece no. La domanda della Samaritana pone una questione decisiva per l'uomo religioso di ogni epoca. Si tratta di sapere se esista sulla terra un luogo dove l'uomo possa incontrare Dio ed entrare in rapporto con la sua rivelazione. Il grande racconto biblico di questi luoghi di incontro tra Dio e l'uomo, di appuntamento tra l'umano e il divino, ne indica parecchi.
Ci sono eventi nei quali Dio ha manifestato la sua potenza e il suo amore agli uomini, come l'esodo per esempio. Ci sono persone attraverso le quali Dio ha parlato agli uomini, i profeti per esempio. Ci sono istituzioni sociali attraverso le quali Dio ha guidato il suo popolo, la monarchia e il sacerdozio per esempio. C'è soprattutto un luogo nel quale Dio ha fatto abitare il suo nome e nel quale gli uomini possono incontrarlo: il Tempio sul Monte Sion.

2. Cristo, luogo dell’incontro con Dio

I samaritani, invece, ritenevano di poter incontrare Dio sul Monte Garizim, vicino a Sichem, dove avevano dimorato i Patriarchi. Questo afferma la Samaritana.
E Gesù le risponde: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né a Gerusalemme adorerete il Padre... E’ giunto il momento, ed è ora, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e verità, perché il padre cerca tali adoratori. Dio è Spirito e quelli che lo adorano devono adorarlo in Spirito e verità".
“È giunto il momento ed è ora”: dunque tutte le diverse forme di incontro uomo-Dio che hanno segnato la storia di Israele sono portate a compimento, i simboli cedono alla realtà: allo Spirito e alla verità.
Nel Vangelo di Giovanni la verità non è nell'uomo e nel mondo: la verità è Gesù Cristo stesso. Egli è la parola fatta carne  debole e mortale. In lui Dio si fa visibile all'uomo. Chi vede Gesù, vede il Padre. Chi conosce Gesù, conosce il Padre.
C'è dunque un luogo sulla terra in cui davvero Dio si fa incontrare e conoscere dall'uomo: non è un luogo geografico, ma personale. Non è Garizim o Sion, ma l'umanità di Gesù. Non è un tempio di pietra, ma un tempio di carne: Gesù.
"La vita si è fatta visibile e noi l'abbiamo venduta" (1 Giovanni 1,2).
L'umanità concreta di Gesù di Nazaret che l'uomo ha potuto toccare, vedere, ascoltare e contemplare è la dimora definitiva in cui ogni uomo può incontrare Dio ed entrare in comunione con lui.

3. Essere consapevoli di questo dono di Dio: Gesù

Ma perché l'uomo cerchi Gesù come luogo per incontrare il Padre occorre che egli sia consapevole di questo dono di Dio che è Gesù. Perciò egli dice alla Samaritana: "Se tu conoscessi il dono di Dio e si è colui che ti dice: dammi da bere!...".
Conoscere il dono di Dio significa rendersi conto che al di là dei nostri bisogni e desideri c'è qualcosa di più grande che possiamo solo ricevere come dono dalla mano di Dio.
Non desidereremo mai questo dono di Dio se il nostro cuore sarà tutto preso solo da oggetti limitati, meschini, perduto unicamente nella ricerca del benessere materiale, del potere e del piacere, senza riuscire a cercare altro.
E avremo sempre sete, mentre c'è un dono di Dio che può soddisfare per sempre la più grande sete dell'uomo, che è sete di verità e di  amore, anche se l'uomo non è consapevole.

4. La figura della Samaritana è significativa

Ha avuto cinque mariti e ora convivere con uno che non è suo marito. Una vita attraversata da un'inquietudine infinita. Perché in perenne altalena tra il desiderio sempre nuovo e la soddisfazione sempre vana. Lacerata tra una sete implacabile e un appagamento effimero e insoddisfacente.
Non è, la Samaritana, lo specchio dell'uomo, dell'anima di oggi, dell'uomo di sempre, di ciascuno di noi?
“Se conoscessi il dono di Dio!...": cioè se l'uomo imparasse ad andare al di là dei desideri immediati e si aprisse al dono di vita che Dio solo può dare!
Questa apertura nasce solo da una consapevolezza: sapere chi è veramente Gesù. Sapere chi è quel uomo che si presenta stanco e assetato e che può soddisfare la sete di ogni uomo. Sapere che quell'uomo povero può arricchire tutti, che quell’uomo debole può comunicare un coraggio e una libertà immensi.

5.  Nello Spirito

Perché i il cuore dell'uomo conosca Gesù e in lui incontri Dio c'è il dono dello Spirito.
Lo Spirito è la presenza attiva di Dio nel cuore dell'uomo. Non possiamo andare a Dio con i nostri desideri e capacità. Non faremmo altro che proiettare in lui le nostre paure e i nostri desideri e non lo incontreremmo veramente.
Solo Dio può attirarci a lui e lo fa attraverso lo Spirito che ci fa sentire il desiderio di Dio e ci mette in comunione con lui.
Non è autentica una religione, dunque, se non è "spirituale".
Spirituale non nel senso dell'abolizione delle espressioni esterne o nel senso della religione del solo cuore, ma nel senso che la religione deve scaturire dalla presenza di Dio stesso nel nostro amore.
L’uomo per quanto intelligente e santo, non può avvicinarsi a Dio: la distanza è troppa. Ma Dio, infinitamente misericordioso, può avvicinarsi all'uomo.
L'uomo non può purificare se stesso fino a diventare  figlio di Dio. Ma Dio può innalzare l'uomo e renderlo partecipe della sua vita.

Consiste in questo il dono dello Spirito, il dono divino per eccellenza, Dio che fa dono di se stesso. Dunque: Spirito e verità. La testimonianza cioè interiore dello Spirito di Dio e la conoscenza concreta di Gesù di Nazaret come esperienza di Dio stesso.

venerdì 10 marzo 2017

Riflessione sulla Seconda domenica di Quaresima. Don Pietro

Per Chi ha piacere di condividerla, ecco una mia riflessione sulla Seconda domenica di Quaresima. don Pietro

La trasfigurazione

1. La situazione dei discepoli

Un evento, qualsiasi evento, l'uomo lo vive attraverso il filtro della situazione esistenziale che sta attraversando.
Per comprendere, allora, non superficialmente, la Trasfigurazione dobbiamo calarci nello stato d'animo dei tre protagonisti umani di essa, Pietro, Giacomo e Giovanni.
Anche noi, probabilmente, possiamo riconoscerci nel momento particolare della loro biografia quando accade e li sorprende la Trasfigurazione.
L'orizzonte è quello del rapporto dell'uomo col divino, la crisi delle ragionevoli aspettative umane e la sorpresa per l'inimmaginabile prospettiva di Dio.
Pietro, Giacomo e Giovanni, come tutti gli altri, avevano seguito con entusiasmo Gesù, si erano entusiasmati a vedere i suoi grandiosi miracoli e ora fremevano per la costituzione del suo Regno.
Con la rivolazione dietro l'angolo, ormai la conquista trionfale di Gerusalemme e la presa del Palazzo d'inverno sembravano cosa fatta.
Ma ecco che Gesù incomincia a fare strani discorsi: parla di rifiuto, di sofferenze, di annientamento, di morte. Certo, anche di risurrezione... ma l'annuncio di una vittoria attraverso la sconfitta non li convince, è troppo lontana dalle loro attese, prezzo troppo alto che non sono disposti a pagare. E all'euforia è succeduta la paura, la disullusione, il crollo delle speranze.

2. Un sostegno alla fede dei discepoli

Gesù comprende che in quello stato d’animo i discepoli non avrebbero retto allo scandalo della crocifissione e morte  ed ecco la Trasfigurazione: la manifestazione anticipata della gloria del Risorto, quasi a convincere i discepoli che l'uomo dei dolori altri non sarebbe stato che quello stesso che ora sul monte si manifestava nella gloria.

3. Elementi teologici della trasfigurazione

Ogni particolare contiene un messaggio teologico:

  • la montagna:
Gesù l'ama per la solitudine e la preghiera. È il luogo preferito da Dio per le teofanie, come nel caso di Abramo, di Mosè e di Elia.

  • la luce sul volto di Gesù e le vespe candide:
l’inesprimibile è detto con i simboli della luce e delle vesti candide.
La luce non è riflessa sul volto di Gesù, come fu per Mosè, ma è irradiata direttamente da lui.
La luce è simbolo della vittoria sul peccato, simboleggiato a sua volta  dalle tenebre.
Le vesti candide, nell'Apocalisse, sono rese tali dal sangue versato nel martirio, e sono simbolo dei risorti e dei viventi per sempre, dei giusti accolti presso Dio.
Se la luce è il simbolo della vittoria sul peccato, le vesti candide sono simbolo della vittoria sulla morte.

  • Mosè ed Elia:
Erano attesi negli ultimi tempi: dunque con Gesù si inaugurano i tempi ultimi e definitivi. Dio in Cristo stabilisce la sua tenda fra gli uomini.
Mosè ed Elia hanno fatto entrambi un'esperienza unica di Dio:
Mosè ha sentito la maestosità terribile e affascinante di Dio.
Elia ha sentito vibrare Dio nella leggerezza del vento. Ora Gesù trascende entrambi nell'esperienza della paternità di Dio e della sua figliolanza nello Spirito.
Mosè ed Elia, cioè la legge e i profeti, hanno preparato e annunciato l'Unto del Signore. Ma ora bisogna oltrepassarli e ricevere la testimonianza che al Figlio rendono nella Pasqua il Padre e lo Spirito.

  • Facciamo tre tende:
Pietro crede di essere già alla meta. Non comprende che deve ancora entrare nella Nube dello Spirito per esserne trasformato e fare la vera esperienza di Cristo.
Etica e profezia non bastano, occorre il battesimo nello Spirito.
Questa nube, se è segno della gloria di Dio, cioè della sua abitazione fra gli uomini, è anche rinvio al deserto, cioè ad un cammino lungo e faticoso: la meta, la terra promessa è ancora molto lontana.

  • Questi è il mio figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo:
Parole simili a quelle del Battesimo di Gesù, quasi a dire che ora viene comunicato anche ai discepoli il carattere proprio della messianicità di Gesù. Questo è il battesimo dei Discepoli.
La parola "figlio" conferma che Gesù è il Messia. I termini "prediletto e compiaciuto" evocano la figura del Servo e quella di Isacco e alludono alla perdita di Gesù nella morte come via ineludibile per giungere alla vera salvezza, alla gloria.

  • Ascoltatelo:
A Gesù è conferita l'autorità di indicare ai discepoli quale dev'essere la via storica alla salvezza e cioè la via della croce..
Pietro, invece, pensava che la salvezza fosse il trasferimento immediato e indolore della vicenda umana nel mondo della gloria.

  • Caddero con la faccia terra:
Nella Bibbia è l'atteggiamento consueto di chi si dispone ad ascoltare una chiamata di Dio. Non è ancora precisato il contenuto della chiamata. Per ora consiste solo nel seguire Gesù.

4. Il significato dellaTrasfigurazione per noi

Il piano salvifico di Dio per l'uomo non prevede una liberazione in forma di depenalizzazione, di sanatoria a mo' di colpo di spugna, bensì una redenzione che non aggira il male, ma lo affronta, lo assume per trasformarlo in bene.
Gesù, in obbedienza, rinuncia servirsi della sua potenza per liberarsi dalla croce. La Gloria è preceduta dall'annientamento, la vita nascerà dal travaglio della croce.
Questa legge vale anche per il discepolo, per noi.
Il futuro della gloria è certo, ma rimane futuro. Nel presente c'è una strada lunga e faticosa da percorrere.
Tocca anche  vivere come Gesù, fino in fondo, l'esperienza del servizio ubbidiente. Senza esoneri e scappatoie miracolistiche.
La salita a Dio è una Via Crucis. La decisione per la causa degli uomini, in quanto causa di Dio, porta con sé sofferenza e morte.
Non dobbiamo vergognarci delle sofferenze di Gesù e prendere su di noi la sua croce: questo è il presupposto per capire e partecipare alla sua Gloria.
Non è solo vero che noi seguiamo Dio in Gesù. È vero anche il contrario: in Gesù Dio si inserisce nella nostra storia umana di sofferenza e si identifica con la sofferenza di tutta l'umanità.

Nel racconto della Trasfigurazione si tratta anche della trasfigurazione della sofferenza umana in un regno dove tutte le lacrime saranno asciugate, dimenticate e dove sono indossate solo vesti rese bianche dalla sofferenza

mercoledì 8 marzo 2017

Festa della donna...gli auguri di don Pietro


Buongiorno alle donne che pensano più alle soluzioni che ai problemi.
Che per questo amano, educano, lavorano, soffrono, sorridono.
Fanno tutto con passione, con generosità, con fermezza, con sincerità.
E non perdono mai la dignità e il sorriso, le donne.
A quelle che non vogliono regali dagli uomini, perché sanno conquistarsi tutto.
Perché sono arrendevoli nelle piccole cose,
quanto determinate nelle cose che contano.
Buongiorno alle donne che percorrono strade in salita, piene di curve e di tornanti.
Solo loro sanno percorrerle, col cuore in gola e col sorriso nellanima.
Ed arrivano sempre alla meta.
A quelle che sorridono quando vorrebbero piangere,
cantano quando vorrebbero gridare
e ridono anche quando dentro piangono.
Si ribellano alle ingiustizie e lottano per ciò in cui credono.
Perché sono donne. Perché sono speciali.
Buongiorno a tutti, ma proprio a tutti, nessuno escluso.
Con un sorriso.

domenica 5 marzo 2017

Riflessione sul Vangelo della Prima Domenica di Quaresima - Don Pietro

Amici, se vi fa piacere vorrei condividere con voi una mia riflessione sul Vangelo della Prima Domenica  di  quaresima di  quest’anno  

1. Siamo tutti dentro il tunnel della tentazione

Viviamo tutti in una perenne condizione di tentati. Il male è dentro di noi. Noi siamo dentro il male. La tentazione fa parte della stessa natura umana, inerisce alla base della condizione umana, per la necessità di provare la nostra fedeltà.
La realtà mondana è posta tutta sotto il maligno. Tutto può essere sotto tentazione.
C'è la tentazione dei sensi, che i maestri dello spirito fin dall'antichità  chiamavano la concupiscenza della carne. C'è la tentazione estetica, chiamata concupiscenza degli occhi e c'è la tentazione dell'autonomia dell'esistenza da Dio conosciuta come superbia della vita. Insomma c'è l'impulso a dominare e l'impulso a possedere. Conseguentemente ogni cosa è strappata dal suo ordine e questo a causa del fascino del nulla come lo definisce Qoelet. Siamo allora tutti  tentati e tutti i possibili tentatori.
È tutto il mondo che soggiace alle tentazioni. Cristo che impersona tutta l'umanità non poteva non passare pure lui per il tunnel delle tentazioni. Per questo è condotto nel deserto. Il deserto è lo spazio delle scelte fondamentali e assolute. Vi rimane quaranta giorni per collegarsi ai quarant'anni di Israele nel deserto, per portare cioè a compimento l'esodo di Israele.
Gesù è tentato mentre digiuna e prega. Dunque preghiera e tentazione si inseguono, si intrecciano come accade per il bene e per il male, per la santità e per la perdizione.
Le tentazioni sono il vero banco di prova di ogni vita, segnano come il crinale della storia.

2.  Prima tentazione: felicità contro libertà

Registriamo, intanto, la presenza inquietante, misteriosa e sfuggente del maligno dalle infinite personificazioni:
·        è il Lucifero che cade dal cielo.
·        è il serpente che striscia e si attorciglia all'albero della vita.
·        è lo spirito angelico che siede nel consiglio celeste e discute con Dio come rovinare un uomo.
·        ora osa accostarsi allo stesso Cristo
·        è il figlio della notte
·        è il fratello oscuro dentro di noi
·        questo Maligno preferisce annidarsi, infiltrarsi, nascondersi proprio là dove è Dio
·        è il principe delle tenebre che si veste di luce, colui che si presenta sotto la forma del potere assoluto.
È nota la lettura che  di questa prima tentazione fa Dostoevskij ne’ I Fratelli Karamazov:
Al potere (al cardinale) sta a cuore la felicità dei suoi protetti. Al Cristo invece sta a cuore la verità e la libertà dei suoi fratelli.
Ecco il dramma umano, ecco la tentazione: scegliere tra felicità e libertà e cioè verità. (Come se poi si potesse essere felici senza essere liberi. Mentre si può essere liberi senza essere felici). Il cardinale dice: "proteggere gli uomini dalla libertà, per proteggerli dal male. Superare  Dio in questa cura paterna". Questa è la tentazione più diffusa sulla terra cui nessuno è immune, neppure la Chiesa.
Del resto la libertà è più gravosa che  gradita. Ed ecco che il potere si assume tutto il peso della verità, esonerandone gli altri. Cioè l'autorità si mette al posto della verità per cui la coscienza non serve più, basta l'obbedienza. L'autorità da sola si confronta con la verità e a tutti gli altri basta confrontarsi con l'autorità.
Nella prima tentazione, in vista della sua missione, Cristo sceglie la verità della parola di Dio che rifiuta l'offerta di un pane senza libertà e verità.
E questo dal Grande Inquisitore gli è contestato come imperdonabile imprudenza e forse errore: aver voluto, cioè, offrire all'uomo la verità e la libertà e non il pane solo, senza di esse. Bastava offrire pane, sesso, gioco, canzoni...
Questa è stata la prima tentazione: fà sazio all'uomo ed egli sarà disteso ai tuoi piedi. Perché l'uomo si stanca di stare sempre in piedi: che poi vuol dire battersi sempre per la propria dignità e libertà.

3. Seconda tentazione
Cristo, come agnello negli artigli di un rapace, è portato nel vento dal deserto sul pinnacolo del Tempio. Perché proprio sul Tempio? Perché dove c'è Dio, lì il maligno vuole insediarsi anche lui. Il suo farsi avanti è segno che li c'è Dio.
La seconda tentazione è eminentemente spirituale: Cristo è tentato su Dio, sul servirsi dei valori della fede, ai fini dell'irrazionalità e del negativo.  È la tentazione del miracolo come scorciatoia alla fatica del vivere.
"Se sei figlio di Dio..." Cristo è attaccato da Satana nell'orgoglio della identità, nel prestigio della qualifica. È la tentazione dell'uso magico di Dio, rifiutando la creaturalità e i limiti dell'umano.
E’ anche la tentazione dell'abuso della parola di Dio per coprire e legittimare imprese umane sensazionali.

4. Terza tentazione
Prostrarsi al potere per possedere la terra: è questa l'altra tentazione. La proposta di Satana è menzognera e fatua.
·        "I miei regni": chi riceve il potere non l'avrà come originario. Sarà solo delegato a rappresentare i veri detentori del potere che rimarranno sempre occulti e sconosciuti.
Il potente di turno sarà sempre un burattino in mano ad un nascosto burattinaio.
Il Vangelo ha una visione pessimistica del potere.
·        "Prostrati...": non c'è potere se non fondato sull'umiliazione di chi lo detiene: "come rettili strisciano e i più vili emergono: è al colmo la feccia" (Salmo 12).
Satana non faceva vedere a Cristo il vero volto del potere: morti, violenze, stupri, stragi, distruzione. Né gli poteva dire che dietro il dominio c'è la discordia fomentata proprio da lui, il maligno.
·        "Se ti prostrerai ai miei piedi": l'ambizione suprema di Satana è vedere il figlio di Dio in ginocchio ai suoi piedi.
Dei "regni" Satana non sa che farsene. È il possesso dell'uomo che lui vuole, la sua libertà, la sua capacità di ricorso a un Altro più grande di lui.
Ma Cristo non fa la genuflessione al potere per possedere la terra. Perde la terra, ma salva la sua libertà e la libertà umana.

Cristo sceglie la vita come servizi a Dio. E Dio si fa servo dell'uomo.