Per Chi ha piacere di condividerla, ecco una mia
riflessione sulla Seconda domenica di Quaresima. don Pietro
La trasfigurazione
1. La
situazione dei discepoli
Un evento, qualsiasi evento, l'uomo lo
vive attraverso il filtro della situazione esistenziale che sta attraversando.
Per comprendere, allora, non
superficialmente, la Trasfigurazione dobbiamo calarci nello stato
d'animo dei tre protagonisti umani di essa, Pietro, Giacomo e Giovanni.
Anche noi, probabilmente,
possiamo riconoscerci nel momento particolare della loro biografia quando
accade e li sorprende la Trasfigurazione.
L'orizzonte è quello del
rapporto dell'uomo col divino, la crisi delle ragionevoli aspettative umane e
la sorpresa per l'inimmaginabile prospettiva di Dio.
Pietro, Giacomo e Giovanni, come tutti
gli altri, avevano seguito con entusiasmo Gesù, si erano entusiasmati a vedere
i suoi grandiosi miracoli e ora fremevano per la costituzione del suo Regno.
Con la rivolazione dietro l'angolo,
ormai la conquista trionfale di Gerusalemme e la presa del Palazzo d'inverno
sembravano cosa fatta.
Ma ecco che Gesù incomincia
a fare strani discorsi: parla di rifiuto, di sofferenze, di annientamento, di
morte. Certo, anche di risurrezione... ma l'annuncio di una vittoria attraverso
la sconfitta non li convince, è troppo lontana dalle loro attese, prezzo troppo
alto che non sono disposti a pagare. E all'euforia è succeduta la paura, la
disullusione, il crollo delle speranze.
2. Un sostegno alla fede dei discepoli
Gesù comprende che in quello stato
d’animo i discepoli non avrebbero retto allo scandalo della crocifissione e
morte ed ecco la Trasfigurazione:
la manifestazione anticipata della gloria del Risorto, quasi a convincere i
discepoli che l'uomo dei dolori altri non sarebbe stato che quello stesso che
ora sul monte si manifestava nella gloria.
3. Elementi teologici della
trasfigurazione
Ogni particolare contiene un messaggio
teologico:
- la montagna:
Gesù l'ama per la
solitudine e la preghiera. È il luogo preferito da Dio per le teofanie, come
nel caso di Abramo, di Mosè e di Elia.
- la luce sul volto di Gesù e le vespe candide:
l’inesprimibile è detto con i simboli
della luce e delle vesti candide.
La luce non è riflessa sul
volto di Gesù, come fu per Mosè, ma è irradiata direttamente da lui.
La luce è simbolo della vittoria sul
peccato, simboleggiato a sua volta dalle
tenebre.
Le vesti candide, nell'Apocalisse,
sono rese tali dal sangue versato nel martirio, e sono simbolo dei risorti e
dei viventi per sempre, dei giusti accolti presso Dio.
Se la luce è il simbolo della vittoria
sul peccato, le vesti candide sono simbolo della vittoria sulla morte.
- Mosè ed Elia:
Erano attesi negli ultimi tempi:
dunque con Gesù si inaugurano i tempi ultimi e definitivi. Dio in Cristo
stabilisce la sua tenda fra gli uomini.
Mosè ed Elia hanno fatto entrambi
un'esperienza unica di Dio:
Mosè ha sentito la maestosità
terribile e affascinante di Dio.
Elia ha sentito vibrare Dio
nella leggerezza del vento. Ora Gesù trascende entrambi nell'esperienza della
paternità di Dio e della sua figliolanza nello Spirito.
Mosè ed Elia, cioè la legge e i
profeti, hanno preparato e annunciato l'Unto del Signore. Ma ora bisogna
oltrepassarli e ricevere la testimonianza che al Figlio rendono nella Pasqua il
Padre e lo Spirito.
- Facciamo tre tende:
Pietro crede di essere già alla meta.
Non comprende che deve ancora entrare nella Nube dello Spirito per
esserne trasformato e fare la vera esperienza di Cristo.
Etica e profezia non bastano, occorre
il battesimo nello Spirito.
Questa nube, se è segno della gloria
di Dio, cioè della sua abitazione fra gli uomini, è anche rinvio al deserto,
cioè ad un cammino lungo e faticoso: la meta, la terra promessa è ancora molto
lontana.
- Questi è il mio figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo:
Parole simili a quelle del Battesimo
di Gesù, quasi a dire che ora viene comunicato anche ai discepoli il carattere
proprio della messianicità di Gesù. Questo è il battesimo dei Discepoli.
La parola "figlio"
conferma che Gesù è il Messia. I termini "prediletto e compiaciuto"
evocano la figura del Servo e quella di Isacco e alludono alla perdita di Gesù
nella morte come via ineludibile per giungere alla vera salvezza, alla gloria.
- Ascoltatelo:
A Gesù è conferita l'autorità di
indicare ai discepoli quale dev'essere la via storica alla salvezza e cioè la
via della croce..
Pietro, invece, pensava che la
salvezza fosse il trasferimento immediato e indolore della vicenda umana nel
mondo della gloria.
- Caddero con la faccia terra:
Nella Bibbia è l'atteggiamento
consueto di chi si dispone ad ascoltare una chiamata di Dio. Non è ancora
precisato il contenuto della chiamata. Per ora consiste solo nel seguire Gesù.
4. Il significato dellaTrasfigurazione
per noi
Il piano salvifico di Dio per l'uomo
non prevede una liberazione in forma di depenalizzazione, di sanatoria a mo' di
colpo di spugna, bensì una redenzione che non aggira il male, ma lo affronta,
lo assume per trasformarlo in bene.
Gesù, in obbedienza, rinuncia servirsi
della sua potenza per liberarsi dalla croce. La Gloria è preceduta
dall'annientamento, la vita nascerà dal travaglio della croce.
Questa legge vale anche per il
discepolo, per noi.
Il futuro della gloria è certo, ma
rimane futuro. Nel presente c'è una strada lunga e faticosa da percorrere.
Tocca anche vivere come Gesù, fino in fondo, l'esperienza
del servizio ubbidiente. Senza esoneri e scappatoie miracolistiche.
La salita a Dio è una Via Crucis. La
decisione per la causa degli uomini, in quanto causa di Dio, porta con sé
sofferenza e morte.
Non dobbiamo vergognarci
delle sofferenze di Gesù e prendere su di noi la sua croce: questo è il
presupposto per capire e partecipare alla sua Gloria.
Non è solo vero che noi
seguiamo Dio in Gesù. È vero anche il contrario: in Gesù Dio si inserisce nella
nostra storia umana di sofferenza e si identifica con la sofferenza di tutta
l'umanità.
Nel racconto della Trasfigurazione
si tratta anche della trasfigurazione della sofferenza umana in un regno
dove tutte le lacrime saranno asciugate, dimenticate e dove sono indossate solo
vesti rese bianche dalla sofferenza
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