La libertà chiama in gioco la nostra responsabilità, verso le altre persone.(L. Ciotti)

mercoledì 30 ottobre 2019

UNA LETTURA DELLA SOLENNITA’ DI TUTTI I SANTI. Don Pietro

1. I santi non sono eroi, superman, taumaturghi che operano miracoli. E neppure sono i "perfetti". Tanto meno dobbiamo vedere i santi come asceti severi che hanno rinunciato ad ogni gioia del vivere.

2. Essi semplicemente sono quelli resi capaci dalla grazia corrisposta di essere liberi da sé stessi, poveri di sé perché la loro fiducia totale è riposta esclusivamente  in Dio.
Santi sono tutti i misericordiosi. Ogni santo ama tutto e tutti. Per sempre. Soprattutto  ama gratuitamente.
Santo è quel contadino che ringrazia Dio per il buon raccolto ed anche se è venuto scarso o è stato distrutto dal maltempo. 
Santa è quella casalinga che ogni giorno accudisce con fedeltà e amore attendendo con costanza ai ripetitivi lavori domestici. 
Santo è l'operaio che compie con spirito di sacrificio  col senso del dovere il suo lavoro. 
Santo è lo studente che si prepara alla vita non per conseguire successi suoi ma per servire al meglio i fratelli con il suo impegno professionale. Santa è la portinaia che accoglie le persone con un sorriso, con pazienza, con amabilità. 
Santo è il malato che non soo non bestemmia Dio, ma lo ringrazia perché può partecipare alla croce di Cristo. 

3.  Ci sono delle immagini che possono aiutarci a comprendere un po' meglio quel mistero sono il santo e la santità.
Il santo è come un flauto: come da questo strumento, dai suoi buchi, escono suoni e melodie, così dalla povertà accolta  da una persona, Dio può ricavare stupende armonie.
Il santo è come uno specchio: investito dai raggi del sole lo riflette sugli altri w sul mondo illuminandoli.
Il santo è come il vetro di una finestra, il suo  vano : lascia che entri la luce, il vento dello Spirito, e il sole della parola di Dio.

4. La santità non è un privilegio per le anime belle.. Tutti vi sono chiamati. La nostra più grande tristezza è quella di non essere santi.
 Ma quali sono le vie che conducono alla vera santità? 
La risposta del Vangelo di oggi è una sola.: le Beatitudini.

sabato 26 ottobre 2019

Riflessioni di Don Pietro

La parola di Dio di questa Domenica contiene un forte  invito a tutti noi a verificare l'autenticità della nostra esperienza religiosa.
Per discernere questa autenticità in particolare il Vangelo ci offre criteri preziosi:
non si tratta di compiere dei riti ottemperando a delle prescrizioni perché ci sia autenticità
non basta neppure esibire una pagella di condotta religiosa con buoni voti.
neppure una fedina morale illibata, integra, può bastare allo scopo.
Una esperienza religiosa autentica si ha quando:
Dio ci incontra, ci guarda, ci accoglie e stringe un'alleanza d'amore con noi. Solo allora "penetriamo le nubi" (prima lettura)
Nel Vangelo abbiamo due modelli di esperienze religiose legate a due figure. Un modello è negativo, l'altro è positivo.
Il modello negativo:
Il "fariseo" fallisce il suo tentativo di incontrare  Dio perché:
non è capace di guardare a fondo dentro di sé e non vede il baratro tenebroso che gli si spalanca dentro. Ama la sua immagine esteriore e ha ridotto anche la sua religiosità a manifestazione, a spettacolo, a esibizionismo e culto di sé. La sua buona coscienza è il risultato, dunque, della sua cattiva vista. Gli capita ciò che capita alle persone che si credono importanti, soprattutto se pubbliche: a furia di essere adulate, si convincono di essere davvero grandi.
attribuisce unicamente a sé il bene reale che riscontra nella sua vita. Non comprende che Dio è la fonte di ogni bene e opera giusta.
prega tra sé: cioè prega dentro di sé, si prega addosso. E’ tutto compiaciuto della sua immagine. E’ un narcisista inguaribile.
non ha carità: infatti disprezza il pubblicano. Un disprezzo che lo porta al razzismo. Cos'altro è il razzismo se non il vanto della propria diversità avvertita e vissuta come superiorità?
infine: non ha il senso del peccato suo personale e della sua complicità con quello degli altri
Il modello positivo:
il pubblicano è nella verità: sa di essere un nulla e sa che solo Dio è tutto.Riconosce il suo nulla e si affida al tutto di Dio.
se una virtù può esibire davanti a Dio è l'onesto riconoscimento di non avere virtù.
non rifiuta il giudizio che pesa su di lui. Non cerca giustificazione ma si pente, invoca pietà e chiede misericordia
il pubblicano sa che in se stesso non trova rimedio alla sua condizione di lontananza dalla giustizia. Ma sa anche che la soluzione è nella grazia del perdono che Dio gli offre e che deve accogliere con fede impegnandosi, dopo la riabilitazione, a riparare il male compiuto e compiendo gesti di generosità, come ad esempio fa Zaccheo.
Conclusione
Perché ci sia autentico incontro con Dio occorre:
pregiudiziale  consapevolezza e riconoscimento della propria nullità e miseria di creature di fronte a lui, il Creatore. Questa è l'operazione verità.
convinzione che l'amore di Dio è così grande da non escludere nessuno, neanche chi ha vissuto o vive tutta la propria esistenza sotto il segno e la schiavitù del peccato. Questa è l'operazione speranza: il Dio di Gesù Cristo ha una buona disposizione verso i peccatori. Detesta solo i presuntuosi, fossero anche buoni. 
occorre più amore verso il prossimo. Questa è l’operazione amore
Assolutamente insufficiente è invece solo limitarsi a:
pagare le decime
digiunare due volte alla settimana.
Cioè oggi:
andare a Messa
devolvere l'otto per mille alla Chiesa cattolica e poi disprezzare e volere che stiano alla larga da noi zingari e stranieri.


sabato 19 ottobre 2019

Riflessioni sulla 30° domenica del T. O.. Don Pietro


La parola di Dio di questa Domenica contiene un forte  invito a tutti noi a verificare l'autenticità della nostra esperienza religiosa.
Per discernere questa autenticità in particolare il Vangelo ci offre criteri preziosi:
non si tratta di compiere dei riti ottemperando a delle prescrizioni perché ci sia autenticità
non basta neppure esibire una pagella di condotta religiosa con buoni voti.
neppure una fedina morale illibata, integra, può bastare allo scopo.
Una esperienza religiosa autentica si ha quando:
Dio ci incontra, ci guarda, ci accoglie e stringe un'alleanza d'amore con noi. Solo allora "penetriamo le nubi" (prima lettura)
Nel Vangelo abbiamo due modelli di esperienze religiose legate a due figure. Un modello è negativo, l'altro è positivo.
Il modello negativo:
Il "fariseo" fallisce il suo tentativo di incontrare  Dio perché:
non è capace di guardare a fondo dentro di sé e non vede il baratro tenebroso che gli si spalanca dentro. Ama la sua immagine esteriore e ha ridotto anche la sua religiosità a manifestazione, a spettacolo, a esibizionismo e culto di sé. La sua buona coscienza è il risultato, dunque, della sua cattiva vista. Gli capita ciò che capita alle persone che si credono importanti, soprattutto se pubbliche: a furia di essere adulate, si convincono di essere davvero grandi.
attribuisce unicamente a sé il bene reale che riscontra nella sua vita. Non comprende che Dio è la fonte di ogni bene e opera giusta.
prega tra sé: cioè prega dentro di sé, si prega addosso. E’ tutto compiaciuto della sua immagine. E’ un narcisista inguaribile.
non ha carità: infatti disprezza il pubblicano. Un disprezzo che lo porta al razzismo. Cos'altro è il razzismo se non il vanto della propria diversità avvertita e vissuta come superiorità?
infine: non ha il senso del peccato suo personale e della sua complicità con quello degli altri
Il modello positivo:
il pubblicano è nella verità: sa di essere un nulla e sa che solo Dio è tutto.Riconosce il suo nulla e si affida al tutto di Dio.
se una virtù può esibire davanti a Dio è l'onesto riconoscimento di non avere virtù.
non rifiuta il giudizio che pesa su di lui. Non cerca giustificazione ma si pente, invoca pietà e chiede misericordia
il pubblicano sa che in se stesso non trova rimedio alla sua condizione di lontananza dalla giustizia. Ma sa anche che la soluzione è nella grazia del perdono che Dio gli offre e che deve accogliere con fede impegnandosi, dopo la riabilitazione, a riparare il male compiuto e compiendo gesti di generosità, come ad esempio fa Zaccheo.
Conclusione
Perché ci sia autentico incontro con Dio occorre:
pregiudiziale  consapevolezza e riconoscimento della propria nullità e miseria di creature di fronte a lui, il Creatore. Questa è l'operazione verità.
convinzione che l'amore di Dio è così grande da non escludere nessuno, neanche chi ha vissuto o vive tutta la propria esistenza sotto il segno e la schiavitù del peccato. Questa è l'operazione speranza: il Dio di Gesù Cristo ha una buona disposizione verso i peccatori. Detesta solo i presuntuosi, fossero anche buoni. 
occorre più amore verso il prossimo. Questa è l’operazione amore
Assolutamente insufficiente è invece solo limitarsi a:
pagare le decime
digiunare due volte alla settimana.
Cioè oggi:
andare a Messa
devolvere l'otto per mille alla Chiesa cattolica e poi disprezzare e volere che stiano alla larga da noi zingari e stranieri.


domenica 13 ottobre 2019

Lettura della 28° domenica T.O.. Don Pietro


Il rapporto salvezza-fede costituisce il contenuto centrale del messaggio affidato alla parola di Dio di questa domenica.

A) Della salvezza offerta da Dio i brani proposti oggi sottolineano innanzitutto la universalità e la gratuità
1l'universalità
Ogni uomo è destinatario del dono di Dio, cioè del suo amore che è vita e  dà vita.
L'essere straniero rispetto al popolo che Dio si è scelto, il popolo di elezione, Israele, non costituisce condizione di svantaggio, ne è  motivo di esclusione. Anzi sembrerebbe esattamente il contrario: per l'occhio di Dio la condizione di straniero sembra costituire un titolo preferenziale rispetto al dono della salvezza.
Straniero è Naaman il Siro guarito da Eliseo e straniero è uno dei dieci lebbrosi guariti da Gesù. Quest'ultimo è uno straniero particolare, è, cioè, un samaritano, vale a dire un eretico rispetto alla religione giudaica. Ebbene Dio non è tenuto a rispettare e difatti  non tiene conto delle scomuniche delle Chiese e delle religioni. Quando Egli vuole salvare un uomo lo raggiunge con il suo amore cui nessuno, neppure la Chiesa, può porre limiti o imporre direzioni.
2.la gratuità
Questa emerge proprio dalla condizione di samaritano di uno dei dieci lebbrosi e dalla condizione di lebbrosi di quanti ottengono la guarigione.
L'essere samaritano equivaleva per Israele ad uno status di indegnità religiosa. Mentre l'essere lebbroso significava uno stato di indegnità fisica, essendo la lebbra considerata come segno e prova della maledizione di Dio. Insomma Dio guarisce miracolosamente proprio quelli che per Israele non erano in condizioni di meritare la salvezza. Appunto: la salvezza non è qualcosa che si può meritare. È dono gratuito dell’amore di Dio. È grazia. Precede la stessa fede. Dopo viene la fede  che è segno di salvezza totale
SALVEZZA ED UMILTÀ
Se la salvezza non può essere meritata, rivendicata come  un diritto, essa però può essere desiderata e favorita dal nostro comportamento.
Namaan, il Siro, il lebbroso, ottiene la salvezza (fisica e spirituale) perché, vincendo il suo orgoglio e rinunciando alla sua volontà umana, si sottopone ad azioni progressive di umiliazioni:
dalla sottomissione al suo  Re passa a quella al profeta e poi addirittura a quella del servo del profeta;
dalla sua preferenza per i fiumi meravigliosi di Damasco passa all'esiguo  fiume Giordano;
dal suo desiderio di grandi rituali, magici e spettacolari, passa al semplice gesto di immersione nel Giordano.
Ecco: per essere guariti nel corpo e nello spirito, per avere salvezza da Dio, occorre umiltà e obbedienza. Senza questi atteggiamenti non c'è salvezza. Non basta appartenere al popolo eletto o alla Chiesa.
 I SEGNI DELLA SALVEZZA ACCOLTA IN PIENEZZA
Dei dieci lebbrosi guariti, nove vanno a Gerusalemme, al Tempio, a presentarsi ai sacerdoti che  dovevano reintegrarli  nel tessuto sociale dopo averne constatata la guarigione. Uno solo torna indietro da Gesù a ringraziarlo per il dono della guarigione. Solo quest'ultimo è veramente e pienamente salvato. I nove -nota Luca- sono  sanati solo nel corpo.  Il decimo è salvato in pienezza perché ha compreso che il Tempio è solo un simbolo di Dio. Dio veramente abita in Gesù, la sua umanità è il vero Tempio, il luogo della presenza e dell'incontro con Dio. Senza Gesù il Tempio, la religione, non hanno senso salvifico, sono privi dell'essenziale.
I nove guariti adempiono le prescrizioni della Legge e sono "buoni" ebrei, israeliti osservanti e basta. Non vanno oltre.
Il decimo, invece, supera il livello della Legge e si apre a ciò  che non nasce dalla Legge bensì dal cuore e dalla grazia. Si apre cioè al ringraziamento e alla lode a Dio.
 ringraziamento
La grazia non ci pone solo in uno stato di grazia davanti a Dio, ma ci pone in azione di grazie, in ringraziamento. Chi ha ottenuto grazia, rin-grazia. Chi ringrazia lo fa perché comprende che niente gli è dovuto e tutto è grazia, tutto è eucaristia.
culto a Dio

L’uomo salvato non celebra più se stesso o l'uomo, ma celebra Dio.

sabato 5 ottobre 2019

Riflessioni sulla prima lettura (Abacuc) e sul Vangelo di Domenica (27 T.O.). Don Pietro

1.  Dolore umano e silenzio di Dio

"Fino a quando, Signore, implorerò e non ascolti, a te alzerò il grido "violenza" e non soccorri? Perché mi fai vedere le iniquità e resti spettatore dell'oppressione?" (Abacuc 1,2-3)
Lo scandalo di Abacuc per il silenzio di Dio dinanzi alle tragedie che si consumano sulla terra, è anche il nostro scandalo. Come la sua anche l'attuale fase della storia dell'umanità è segnata da violenze, rapine,  iniquità, guerre, terrorismo e Dio sembra tacere. A migliaia ogni giorno uomini e donne, spesso innocenti, cadono di vittime della ferocia  di altri esseri e Dio sembra assistere all'eccidio e agli orrori da spettatore muto. Il sangue sembra scorrere sotto cieli disabitati e muti

2. La risposta della parola di Dio

È una risposta che non va nel senso delle nostre aspettative. La giustizia che noi vorremmo è quella umana, che conosciamo molto bene: la distruzione dei malvagi e la felicità per i giusti. È ovvio che stiamo bene attenti, prima di invocare l'intervento di questo Dio giustiziere, a prendere la precauzione di collocarci nella schiera dei giusti. Dio, a noi  che lo invochiamo (supposto che in noi c'è ancora spazio per l'invocazione!) non risponde con la miserabile giustizia che noi pratichiamo, quando la pratichiamo!, ma con una giustizia superiore, con la misericordia, mentre a noi chiede la fede e il servizio al Regno

a) misericordia

Dio, dinanzi alle tragedie provocate dalla volontà di potenza dell'uomo, non resta muto, insensibile e impassibile. Non fa ricorso alla sua potenza per sterminare l'uomo e annientarlo: ci pensa già l'uomo a farlo verso gli altri e verso se stesso. Dio risponde rinnovando il suo patto di impegno con l'uomo. Si fa compagno di dolore dell'uomo, identificandosi con lui. Più che in Mosè che contrasta la violenza del faraone con altre violenze, Dio si incarna nella figura del Servo sofferente: come agnello innocente questi si fa carico non solo del pianto delle vittime, ma anche dell'odio e della violenza del carnefice. E questo suo farsi carico di dolore e di malvagità immette nel mondo tanto amore da salvare non solo l'oppresso, ma anche l’oppressore. Dio ci vuole salvare, dunque, non con la falsa onnipotenza della forza, ma con la vera, unica, onnipotenza, quella dell'amore

b) fede

E Dio invita e sollecita anche l'uomo ad entrare in questa logica nuova e risolutrice attraverso la fede: "Il giusto vivrà per fede". Questa espressione di Abacuc è suscettibile di due possibili versioni, reciprocamente complementari. La prima: la fede del giusto intesa come fiducia e come abbandono a Dio. La seconda:  fede intesa cime fedeltà di Dio,  Dio, cioè, che non delude e non viene meno alle sue promesse.
Chi, purtroppo, viene meno ai suoi impegni è l'uomo la cui fede, povera e fragile, non è all'altezza dei compiti che Dio vuole realizzare con lui. Ma, allora, perché Dio non viene, non interviene a liberarci dal male e dai mali? Ecco la risposta della parola di Dio: perché non abbiamo fede. Ne avessimo  un granellino, sposteremmo le montagne dei poteri disumani, delle forze economiche perverse, delle istituzioni corrotte e oppressive.
La fede che ci manca è la fede in un Dio che ci ha assicurato che questo mondo di violenza, di rapine e di oppressione, di disumanità, finirà.
Più che fede noi abbiamo fatalismo e rassegnazione a causa anche di una falsa comprensione del peccato originale, della natura umana e delle sue leggi. I veri nemici della del progetto di Dio, aperto ad una vita degna per ogni uomo, non sono i malvagi, i terroristi, i prepotenti, sono i rassegnati nei confronti della malvagità di questo mondo. Rassegnazione che diventa anche complicità.
La fede che ci manca è quella che dovrebbe avere il suo sigillo di autenticazione nella persecuzione (Paolo va in carcere per la sua contestazione all'interno romano idolatrino…).
La fede che ci manca è quella che ci fa capire come all'impegno solenne di Dio con noi deve corrispondere, con l'aiuto decisivo della grazia, il nostro impegno con Dio.
Tutto dipende da ciascuno delle due parti

c) servizio

Questo nostro impegno diventa servizio nel e per il regno di Dio. Come servi dobbiamo fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità e poi dichiararci "servi inutili".
Quando, dopo aver lottato per una società più fraterna  la sperimenteremo più feroce; quando ci saremo spesi per porre termine alla logica dello sfruttamento e vedremo allargata questa logica, allora, dinanzi al fallimento, non dobbiamo concludere "non serve a niente impegnarsi", ma in quanto servi inutili dobbiamo aprirci alla speranza e non vergognarcene.
La speranza fondata sulla fedeltà di Dio ci dice che il Giorno del Signore si manifesterà. Bisogna aspettarlo rimettendone la piena manifestazione alla sua sapienza e al suo consiglio.
Questo Giorno del Signore non va neppure rinviato ad un futuro lontano e irraggiungibile. Esso è imminente in ogni attimo, irrompe nel presente e ci chiede di comprometterci con esso con una fedeltà che ha come prezzo e destino la persecuzione, come il Servo sofferente sperimenta.