La libertà chiama in gioco la nostra responsabilità, verso le altre persone.(L. Ciotti)

mercoledì 31 ottobre 2018

Solennità di Tutti i Santi. Riflessione di Don Pietro

1. I santi non sono eroi, superman, taumaturghi che operano miracoli. E neppure sono i "perfetti". Tanto meno dobbiamo vedere i santi come asceti severi che hanno rinunciato ad ogni gioia del vivere.

2. Essi semplicemente sono quelli resi capaci dalla grazia corrisposta di essere liberi da sé stessi, poveri di sé perché la loro fiducia totale è riposta esclusivamente  in Dio.
Santi sono tutti i misericordiosi. Ogni santo ama tutto e tutti. Per sempre. Soprattutto  ama gratuitamente.
Santo è quel contadino che ringrazia Dio per il buon raccolto ed anche se è venuto scarso o è stato distrutto dal maltempo.
Santa è quella casalinga che ogni giorno accudisce con fedeltà e amore attendendo con costanza ai ripetitivi lavori domestici.
Santo è l'operaio che compie con spirito di sacrificio  col senso del dovere il suo lavoro.
Santo è lo studente che si prepara alla vita non per conseguire successi suoi ma per servire al meglio i fratelli con il suo impegno professionale. Santa è la portinaia che accoglie le persone con un sorriso, con pazienza, con amabilità.
Santo è il malato che non soo non bestemmia Dio, ma lo ringrazia perché può partecipare alla croce di Cristo.

3.  Ci sono delle immagini che possono aiutarci a comprendere un po' meglio quel mistero sono il santo e la santità.
Il santo è come un flauto: come da questo strumento, dai suoi buchi, escono suoni e melodie, così dalla povertà accolta  da una persona, Dio può ricavare stupende armonie.
Il santo è come uno specchio: investito dai raggi del sole lo riflette sugli altri w sul mondo illuminandoli.
Il santo è come il vetro di una finestra, il suo  vano : lascia che entri la luce, il vento dello Spirito, e il sole della parola di Dio.

4. La santità non è un privilegio per le anime belle.. Tutti vi sono chiamati. La nostra più grande tristezza è quella di non essere santi.
 Ma quali sono le vie che conducono alla vera santità?
La risposta del Vangelo di oggi è una sola: le Beatitudini.

venerdì 26 ottobre 2018

RIFLESSIONE SUL VANGELO DELLA DOMENICA XXX TEMPO ORDINARIO. Don Pietro

1. Bartimeo. Il cieco, sedeva lungo la strada a mendicare
Questo cieco è l'icona dell'uomo di oggi. Sono tante le cataratte per che ottundono i sensi interiori dell'uomo moderno. La strada dove giace è l'immagine viva dei suoi stati di disperazione, di alienazione, di attivismo e di vuoto.

2. "Cominciò a gridare. Molti lo sgridavano"
Il grido è un  registro legittimo per la nostra preghiera. La cultura  dominante invece ci invita a nascondere i nostri mali, considerati come vergogne. Perché la città deve sempre godere di una buona immagine. I poveri poi vanno deportati in ghetti appositamente  loro destinati. La loro presenza potrebbe turbare la brava gente.
Anche molti intellettuali, quelli che una volta si chiamavano i chierici, hanno vergognosamente tradito il loro compito perché contribuiscono a far ignorare il dolore ed i poveri.

3. Gesù si fermò
Emerge in questo comportamento di Gesù la straordinaria potenza della preghiera: essa può mutare i piani  i piani di Dio.
Gesù si fermò. Fermarsi è il verbo del samaritano e il verbo di chi per amore rallenta il suo passo. E’ il verbo che ci costringe a ripensare il tempo che viviamo e il senso che gli diamo.

4. Gesù disse: chiamatelo!
La prima missione dei discepoli del Signore è proprio quella di chiamare i i perdenti e portarli a Gesù.

5. Gli dissero: "coraggio, alzati, ti chiama"
Ecco la seconda missione dei discepoli: dare speranza, rimettere in piedi  i caduti, ridare dignità alle persone,. E la dignità più grande è annunciare ad ognuno che è chiamato da Dio.

6. "Gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù" 
Per incontrare Gesù occorre preventivamente liberarsi di tutti i mantelli,gli orpelli inutili che impediscono alla nostra identità profonda di rivelarsi.
Occorre poi l'entusiasmo nell'andare a lui e anche la prontezza nell'incontrarlo quando ci chiama.

 7. Gesù: "che vuoi che io ti faccia?"
Che vuoi che io ti faccia: non è forse questa la domanda di chi è servo?
Nella domanda di Gesù emerge anche un altro aspetto paradossale del suo messaggio. La potenza di Dio è messa a disposizione, è offerta alla debolezza, non alla forza.

8. "Che io riabbia la vista"
Un esempio luminoso di preghiera vera. Perché nasce dal riconoscimento umile e sincero delle proprie cecità. Perché e un’ invocazione alla luce. Perché è disponibilità a farsi "ferire "dalla luce, cioè dall'amore luminoso della luce di Dio.

9. Gesù: "la tua fede ti ha salvato"
Solo la fede salva, la fede come ascolto-obbedienza è quella che salva.

10. E il cieco guarito prese a seguirlo
Ma sequela  del Signore  equivale ad un certificato che autentica una guarigione totale ottenuta.
Al cieco finalmente si è aperto il terzo occhio, quello del cuore.
Ora egli vede veramente perché solo chi segue Gesù ha vista buona per vedere l’invisibile…
Dove seguire Gesù? Verso la Luce che è vita eterna..
La strada che Gesù indica è quella della croce. Ma la fede e l'amore sanno percorrerla.

domenica 21 ottobre 2018

DOMENICA XXIX PER TEMPO ORDINARIO. Riflessioni di Don Pietro

1. I rapporti interpersonali nella comunità di Gesù

Debbono essere improntati ad un rifiuto assoluto di ogni dominio e all'abolizione di ogni struttura di potere, come quelle vigenti nel mondo.
Nessuno deve considerarsi, né può essere considerato padre-padrone, perché gli altri sono solo fratelli. Al massimo può esserci qualcuno che incarni la figura della mamma...
E’ possibile tutto questo?
Intanto registriamo che la Chiesa delle origini ha recepito questo essenziale messaggio del suo unico Maestro e Signore.

2. Giacomo, Giovanni e la loro madre

La mamma di questi due apostoli prenota per essi le principali poltrone una volta che Gesù avrà instaurato il Regno. Dimostra, questa deliziosa mammina, un gran senso di tempismo e di rampantismo insieme.
Gesù la gela con la sua replica: nella mia Chiesa tutti sono solo servi, come lo sono io.
Questa parola di Gesù non va intesa come un invito all'anarchia o allo spontaneismo per quanto attiene ai rapporti nella Chiesa, ma come un invito a perseguire la vera autorevolezza e la vera potestà.
Gesù ci avverte di non imitare lo stile del mondo e cioè la ricerca e  il mantenimento del potere per i propri interessi.
Nella Chiesa l'autorità dev'essere riconosciuta solo a chi prescinde da sé, a chi non persegue i suoi interessi, a chi vive solo per Dio e per gli altri.

3. Gli strumenti dell'esercizio dell'autorità

Nel mondo questi strumenti sono la forza, la coercizione, la violenza anche per fini ritenuti buoni.
Nella Chiesa invece Gesù dichiara assolutamente illegittimi tutti i mezzi coercitivi.
Nella Chiesa vale solo la testimonianza alla Verità, con la morte affrontata per ciò che si ritiene giusto e santo, come del resto ha fatto lo stesso Gesù.
I cristiani  sono testimoni della verità, non  soldati che la impongono con la forza.
Come Gesù essi debbono essere inermi e anche esposti ad ogni aggressione.

4. Attualizzazione ecclesiale

Bisogna onestamente riconoscere che tantissime volte la prassi ecclesiale si è rivelata infedele a questa memoria del Signore Gesù. Essa non ha disdegnato il ricorso alla coercizione. E così ha vanificato la vera autorità e ha  compromesso l’evangelo.
La vera autorità la si apprende dal Crocifisso, dalla sua impotenza.
Questo stile è vincolante per quanti vogliano ritenersi discepoli del Signore.
In caso di conflitto, poi, i cristiani sono ammoniti da Paolo a non ricorrere ai tribunali per far riconoscere i propri diritti. Debbono risolverli all'interno della comunità in spirito di carità. Se necessario debbono subire anche ingiustizia e privazione. Ma questa possibilità è riservata solo a delle comunità che vivono "nello Spirito".

venerdì 19 ottobre 2018

La gloriosa e tragica storia di Annalena Tonelli.

A proposito di profughi e rifugiati, nel mare magno e tempestoso delle chiacchiere e delle immagini si sente un gran bisogno di testimoni, che in greco antico si dicono, purtroppo, martiri. La signora in azzurro che si vede nella foto qui sotto, e di cui colpiscono l'aspetto minuto e l'intensità degli occhi azzurri, si chiamava Annalena Tonelli e sapeva che prima o poi l'avrebbero uccisa. Fin dalla più tenera età si era votata agli altri, anzi ai più malandati. «Io sono nessuno» diceva, o al massimo «io sono una povera cosa» - ce ne fossero un po' più, in realtà, povere o inesistenti come lei! Volontaria laica e ardente in Africa, prima in Kenya, poi in Somaliland. Per nulla facile le fu all'inizio farsi riconoscere donna e cristiana dai nomadi musulmani del deserto, tutto le era contro meno il Signore (che non è poco). Per i non credenti un opino di romagnola dolce e tenace ben oltre la spericolatezza. Quando comprese che i capi (cristiani) dell'esercito kenyota avevano deciso di regolare i conti con la sua tribù di somali (musulmani) come si fa da quelle parti, poco disse e tanto fece da mandargli a monte il genocidio. E contro ogni buonsenso, sempre da sola come un'eroina del più alto teatro, se ne andò a seppellire quei morti che dovevano restare a monito. Fu percossa, imprigionata, affrontò la corte marziale, la esiliarono in Somaliland. In quel frangente venne fuori che già due volte avevano provato a farle la pelle. E però «morire è come vivere d'amore» ha lasciato scritto Annalena in una delle sue pochissime e più impressionanti testimonianze, anche sul piano letterario. Era il 1984. Le rimase il tempo per improvvisarsi manager della carità. S'inventò un protocollo per battere la tbc dei nomadi, insediò scuole e ospedali regalandosi ai bambini sordi, ai ciechi da cataratta, ai pazienti psichiatrici, alle vittime della guerra, della polio, dell'aids, delle mutilazioni genitali. Divenne laggiù, a Borama, più che una donna rispettata, prima una guida, poi una santa. Domenica 5 ottobre 2003, dopo aver servito i suoi malati "sulle ginocchia", qualcuno che non s'è mai saputo spense a revolverate questa sua vita umile e gloriosissima. Forlì, la sua città, la ricorda a 15 anni dal suo martirio con una serie di iniziative da 30 settembre a17 ottobre: l'inaugurazione della Tenda dell'Uomo, l'intitolazione di una scuola, un convegno, una veglia di preghiera, una mostra fotografica, una rassegna d'arte, un musical. Annalena, medaglia d'oro al valor civile del presidente Ciompi, non ha fatto a tempo a sapere cosa è diventata l'Italia. È una tale lezione, la sua, che si ha scrupolo a scagliarla contro l'egoismo del potere o a supporto del lacrimone buonista. Anche per questo vale, anche per questo è più vera.

lunedì 15 ottobre 2018

RIFLESSIONE SULLA DOMENICA XXVIII TEMPO ORDINARIO. Don Pietro

1.  Povertà e sequela

A chi vuole seguirlo, Gesù chiede la pratica effettiva della povertà.
Il "giovane ricco" trova molta difficoltà a seguire Gesù a causa delle ricchezze che possiede.
Questa condizione della povertà, per entrare nel Regno, non per essere perfetti, Gesù l a richiede a tutti, sia pure con modalità diverse.

2. Ma cosa chiede Gesù a tutti per entrare nel Regno?

Chiede tre cose:
la prima: vendere tutto..
la seconda: la nonviolenza assoluta.
La terza: la rinuncia al potere.
Non basta l’osservanza dei comandamenti, come richiesto nell'Antico Testamento.
La povertà da intendere interiormente come libertà da ogni spirito di possesso e concretamente come distribuzione (o restituzione?) ai poveri delle ricchezze accumulate. 
Bisogna lasciare le ricchezze per trovare il Regno.

3. Motivazioni della radicalità chiesta da Gesù

La ricchezza ha  un carattere di estrema caducità.
Essa è estremamente pericolosa: occupa nel cuore il posto di Dio e dei fratelli.
Spesso essa si accompagna all'ingiustizia allo sfruttamento.
Produce una felicità (ma forse sarebbe più appropriato parlare di agiatezza) che non può placare i desideri profondi del cuore umano.

venerdì 5 ottobre 2018

BREVE RIFLESSIONE SUI BRANI SCRITTURISTICI DELLA DOMENICA XXVII T.O..Don Pietro

1. Dio non vuole che Adamo resti solo.

Perché la solitudine facilmente degenera in infelicità. Perché solo l'altro
o l'altra può rivelare alla persona il suo essere finita e, appunto, altra, diversa. Solo l'altro o l'altra può indicarmi il bisogno, il desiderio che spingendomi fuori di me mi apre al bisogno e al desiderio di Dio. Per questo Dio crea Eva.

2. Perché la creazione di Eva

Dio crea la donna non solo per una comprensibile necessità riproduttiva. 
Dio la crea perché solo insieme, uomo e donna, sono immagine compiuta di Dio.
Dio la crea perché Adamo possa parlare: perché la felicità si sperimenta solo nella comunione.

3. Il progetto di Dio sulla coppia

Dio manifesta di voler concedere all'uomo e alla donna una sostanziale uguaglianza e una stessa capacità di essere, però solo insieme, immagine sua .
Dio chiama l’uomo e la donna ad amarsi con un amore fecondo.

4. Il peccato entra nell'uomo e rovina la coppia

Inizia il pericoloso processo di sclerocardia.
I killer dell'amore sono: il dominio, l’egoismo, il materialismo.
L'antidoto  proposto da Gesù: il ritorno alle sorgenti,  alle origini, al principio.
La Chiesa deve farsi annuncio alla coppia umana di un amore esigente ma nello stesso tempo deve aprirsi ad una infinita comprensione e misericordia.