La libertà chiama in gioco la nostra responsabilità, verso le altre persone.(L. Ciotti)

martedì 25 febbraio 2020

NUTRIAMOCI DI DIO PER DIVENTARE PANE E CONSOLAZIONE PER TUTTI. Don Pietro


Quaresima: tempo di grazia per riscoprire e rimettere in circolo, dentro fuori di noi, parole antiche dimenticate, espulse troppo frettolosamente c linguaggio e - cosa più grave - dalla pratica della vita, privata e pubblica assenti nelle scelte e dalle proposte che facciamo alle nuove generazioni
Nutrimento è la prima di queste parole cariche di energia. Nutrimento  non del corpo, forse almeno qui da noi rimpinzato anche troppo. Nutrimento della mente e del cuore, assetate di sapienza e di amore. La  sorgente inesauribile è in Dio che le ha sparse con dovizia nel cosmo e dentro di noi. Una goccia d'acqua, un filo d'erba, gli occhi di un bimbo, un'allodola che si strugge nel canto... il profeta di Nazareth soprattutto, parlano di Dio molto più e molto meglio di mille volumi di teologia e di tutti i bla-bla su di Lui.
Nutrimento come assaporamento della tenerezza paterna di Dio: "gustate e vedete quanto è buono il Signore" [Salmo 33(34), "Nutrirsi di Dio per diventare pane e consolazione per tutti": come Gesù diventare pane spezzato e offerto a chi ha fame di verità, di amore e di giustizia. E' questo il Regno di Dio. Ed è questa la passione che arde nel cuore del Figlio del falegname: annunciare e trasmettere a tutti  l'energia di Dio per renderli felici, perché tutti avessero una vita degna, bella, realizzata nelle sue aspirazioni più profonde. Nutrirsi della  misericordia di Dio per divenire per tutti ministri della consolazione,  samaritani per ogni uomo ferito dalla vita. Solo così potremo celebrare in festa e degnamente la Pasqua verso cui la Quaresima ci incammina.
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Buona Quaresima, per una vera e felice Pasqua!

domenica 23 febbraio 2020

VII domenica del T.O.. Riflessione di don Pietro


Gesù indica ai suoi discepoli come comportarsi quando si è vittime della violenza
I. La violenza da non replicare, per Gesù, va dalla più grave alla meno grave: dalla violenza fisica (lo schiaffo) alla minaccia di processo (per toglierti la tunica); dalla domanda importuna (costrizione al carriaggio), a quella petulante e sfacciata (richiesta di un prestito).
II. Quali sono, in tali casi, le indicazioni di Gesù?
Bisogna accogliere concedendo il prestito le richieste pressanti degli importuni
Bisogna assecondare la richiesta di facchinaggio e carriaggio avanzata daid militari occupanti il Paese
Bisogna rinunciare ad ogni arma di difesa, anche al bastone (serviva per tenere a bada ladri e lupi) ed ai calzari
Bisogna farsi prendere la tunica, anzi bisogna dare a chi prende la tunica anche il mantello

In sintesi e più precisamente:

Chi subisce violenza deve rinunciare ad ogni replica e questo a imitazione di Dio che il suo sole lo fa sorgere sui buoni e sui cattivi e la sua pioggia la fa scendere sui giusti e sui malvagi.

Attenti, però: occorre non restare passivi e inerti quando si riceve un torto. Bisogna andare incontro al proprio nemico. Occorre essere come agnelli in mezzo ai lupi.
Bisogna rispondere con una bontà straripante a chi ci ha fa un torto.
E questo non in situazioni eccezionali della vita , ma normali!

III. In quali ambito occorre adottare questi comportamenti non violenti?

Innanzitutto nel campo delle nostre relazioni personali, come hanno fatto tantissimi Santi…
Poi nella Comunità cristiana: al suo interno e nei rapporti col mondo esterno ad essa
Infine nella vita sociale: cioè nelle lotte giuste per la libertà, la giustizia, la pace
IV. Dopo Gesù e una moltitudine di Santi e sante, campioni e modello di non violenza attiva in epoca moderna possiamo considerare Gandhi, Martin Luther King e frà Christian de Chergé (trucidato in Algeria con altri sei confratelli) che nel suo testamento perdonava anticipatamente il suo futuro assassino)

venerdì 14 febbraio 2020

meditazione sul vangelo della DOMENICA VI DEL TEMPO ORDINARIO dell’Anno liturgico. Don Pietro


1.    Circa il rapporto tra la Legge di Mosè (A. T.) e la Legge nuova proposta nel suo Vangelo (N. T.),Gesù indica da un lato non un’antitesi, una contrapposizione, ma  una continuità, dall’altro lato però segnala anche una novità, un trascendimento e un inveramento della prima nella seconda.
Una continuità perché entrambe sono tentativi generosi e legittimi di risposta della creatura a quanto Dio ha fatto per ognuno di noi. E, ovviamente, più grande è il dono fattoci da Dio, più esigente deve’essere la nostrab risposta. Ora, in Cristo, Dio ha dato se stesso alla creatura come prossimità, come amore e come misericordia. Conseguentemente la creatura deve rispondere al suo Creatore e Signore con una generosità nuova e radicale, con un amore totale, un amore simile a quello del suo Dio. Ad un Dio Padre tenero l’uomo deve rispondere da figlio affettuoso.
2.    La risposta degli Scribi e dei Farisei per Gesù era insufficiente. Era infatti calcolata con la logica della prestazione dovuta, della tassa minima da corrispondere. Gesù introduce e propone un’altra logica: quella dell’amore, del dono gratuito, superando sia il mercantilismo, sia il minimo sindacale dovuto, con il metro dell’eccedenza, del di più, del tutto. Insomma Dio è ragionevole: vuole tutto, dopo aver dato tutto. Con Gesù emergono due logiche in evidente contrapposizione da applicare a 5 fattispecie diverse. Per quanto riguarda l’omicidio Gesù precisa che non solo ammazzare con un’arma una persona è violazione del V° comandamento, ma anche solo adirarsi contro un fratello è ucciderlo, anche il proverbio ci dice che la lingua ammazza più della spada. Per l’adulterio Gesù precisa che non solo il tradimento  ricade sotto la relativa rubrica , ma già solo uno sguardo concupiscente nei confronti di una donna sporca l’anima. Similmente per il divorzio: accampare ragioni pretestuose per sottrarsi da un rapporto difficile  non libera dalla violazione di un patto giurato solennemente. Esigente è anche la richiesta di Gesù per il giuramento in generale. Non basta un’astuzia lessicale a esonerare chi lo ha pronunciato. E così via. Per Gesù non basta non commettere il male,  occorre operare il bene. Non basta avere le mani pulite, bisogna che siano piene, non vuote.
Per Gesù esistono due codici: il codice del dovuto e il codice del gratuito. Cioè: non basta la giustizia della Legge, occorre la giustizia dell’amore. E questo perché? Perché il dovuto a Dio è tutto!

3.    Tre campi di validità e applicabilità della Parola di Gesù:
a.    La vita personale: quella intima, quella relazionale e quella privata
b.    La vita della Comunità cristiana
c.     I vari mondi vitali che frequentiamo. In essi dobbiamo infondere il lievito del nostro servizio per fermentarli con l’annuncio della novità dell’evangelo.
Per Gesù oltre all’osservanza della Legge occorre imitare la volontà buona e compassionevole di Dio.

sabato 8 febbraio 2020

UNA MIA RIFLESSIONE SULLA QUINTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO. Don Pietro


1. "Voi siete il sale della terra e la luce del mondo"

Con queste parole Gesù non  intendeva rivolgere un complemento ai suoi discepoli o esprimere una sua valutazione sul loro conto. Con queste parole Gesù formulava una auspicio e assegnava un compito ai discepoli.
Il sale e la luce sono due elementi che non hanno solo valore in sé, ma hanno un valore d'uso. Infatti sono destinati ad altre cose: alle pietanze e alla terra. Inoltre essi  scompaiono.
Così dev'essere per i discepoli: non devono vivere per sé. Devono spendersi per gli altri e devono scomparire. Inoltre se sono sale e luce non possono cadere in nessuna forma di integrismo, ma al contrario devono rispettare la identità degli altri. Essi devono solo, come fanno sale e luce, conservare, dare sapore, illuminare, non sostituirsi e annullare la realtà.

2. Preziosità e indispensabilità di sale e luce

Se mancano sale e luce, il mondo, la vita si impoveriscono. Non esercitando la loro funzione sale  e luce, cioè i discepoli, sanciscono la loro inutilità e il mondo si inabissa nel non senso e nell’insignificanza.

3. Cosa concretamente Gesù si aspetta dai discepoli

Essi debbono testimoniare l'amore alla verità (debbono essere cioè luce) e alla vita (devono essere sale).
Essi debbono sapere giudicare le menzogne e il male ed evidenziare il bene. Debbono essere cioè la coscienza critica del mondo.
Il nostro dramma non è che siamo troppo sale e luce ma che lo siamo troppo poco. La prova? La pochezza delle nostre opere buone.

Il sale
Al tempo di Gesù era molto più importante di oggi. Esso simboleggiava la sapienza. Gli si attribuiva la proprietà di proteggere e conservare la vita, di allontanare i demoni e le potenze nefaste. Perdendo il suo specifico il sale diventava nulla.
Fuor di metafora: i cristiani se non sono sale falliscono la propria esistenza terrena ed eterna. Se i cristiani non sono sale e luce mancano al proprio specifico. Infatti  essere cristiani non significa essere solo buoni, onesti, non significa solo amare: questo è un dovere beninteso, ma non è esclusivo dei cristiani. Essere cristiani significa essere creature nuove in Cristo. Significa essere coscienza critica della storia. Se il cristiano non è sale e luce la sua carità non è profetica. La sua mitezza denuncia una scarsa incisività, il suo essere paziente diventa torbido e ambiguo masochismo.

La luce
 Nel Vangelo di Giovanni al capitolo VIII, versetto 12 e al capitolo IX, versetto 5, Gesù dice di se stesso che è la luce.
Noi siamo la luce perché Gesù è la luce e la dona a noi. Lui ce la dona perché a nostra volta la doniamo, senza appropriarcene. Gesù ci vuole luce perché risplendendo noi, tutto si illumini e risplenda. Dobbiamo essere luce perché la salvezza, cioè Dio, si irradi e si sperimenti.
Solo così siamo concretamente sale e luce.

domenica 2 febbraio 2020

Terza domenica del tempo ordinario: Presentazione di Gesù al tempio. Don Pietro


Il Vangelo ci presenta una scena di ordinaria vita familiare: una famiglia mentre va al tempio. Una famiglia dunque che non ha solo preoccupazioni materiali ma coltiva per tutti i suoi membri anche la vita spirituale. Da notare che vanno insieme al tempio. Questo perché come si vive insieme tanti momenti della propria vita, così anche come soggetto, come famiglia bisognerebbe almeno qualche volta pregare insieme e  andare al Tempio insieme.

Perché questa famiglia va al tempio? Va a al Tempio per compiere un atto di fede: riconoscere cioè che la vita e l'amore che unisce le persone di famiglia vengono da Dio che è la roccia su cui costruire la propria casa familiare. Va al tempio anche per ringraziare Iddio che ha riposto nei genitori la sua fiducia donando loro un figlio. Va al tempio per capire qual è la vocazione del figlio, cosa Dio vuole da quel bambino. Infine va al tempio per offrire quel figlio a Dio, a compiere cioè un atto sacerdotale.
Questa famiglia al tempio incontra altri credenti. Passa cioè dalla famiglia di sangue ad un'altra parentela quella fondata nella parola di Dio.
In ogni incontro vissuto con fede c’è per  sempre una sorpresa e un messaggio di Dio e questo vale soprattutto quando incontriamo i poveri, gli anziani, i sapienti. 

Due anziani,Anna e Simeone:
Incarnano la storia di una attesa di Dio che non va delusa.

Simeone: fa parte dei poveri del Signore, gli Anawim, è uomo giusto e timorato di Dio. E’ il Theotokos, cioè il portatore di Dio. È uomo dell'attesa: attende il conforto di Dio ed è certo della fedeltà di Dio. È un anziano, ma ha un cuore giovane, perché lo Spirito lo rende vivo, aperto al futuro.

Il suo inno, noto come il Nuc dimittis, (Ora lascia, Signore, che il tuo servo vada in pace, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza…), sarebbe bello se ognuno potesse esclamarlo nell’imminenza  della fine della propria vita. Questo cantico contiene la certezza che la salvezza di Dio è universale, senza escludere nessuno. Cristo sarà per sempre e per tutti salvezza ma anche giudizio per chi coscientemente rifiuta di accoglierlo.

Poi c'è Anna, la profetessa, cioè una donna attenta ai segni di Dio nella storia che capisce che un segno di Dio è quel bambino, è Gesù. Il suo nome Anna significa dono di Dio, suo padre Fanuel significa Volto del Signore, la sua tribù Aser significa Gioia: un nome, dunque, ricchissimo di significato. Anna è il ritratto di una vecchiaia felice e benedetta da Dio. Questa donna è modello di una senilità gioiosa e operosa. È vedova ma è anche una catechista perché parla di Gesù a tutti come dovrebbe fare ogni annunciatore del Vangelo.

Anche noi siamo presenti in questa festa e in questa celebrazione. In sintesi:
dobbiamo sentirci come Maria e Giuseppe, affidatari della vita altrui. Dobbiamo amare con un amore tenero come quello di Maria e con un amore forte come quello di Giuseppe. Madre e Padre incarnano nella famiglia due ministeri: il padre il ministero della Giustizia, la mamma il ministero della Grazia. Come Maria e  Giuseppe anche noi dobbiamo offrire a Dio le vite a noi affidate ed il nostro lavoro educativo. Poi dobbiamo metterci a disposizione del piano di Dio: che ci chiede di offrire e di  soffrire se necessario.

-       Come Simeone Anna dobbiamo vivere nell'attesa di incontrare Gesù, unico Salvatore, vero Tempio per incontrare Dio, vero ed efficace Purificatore.

In questo giorno si benedicono anche delle candeline come simbolo di Gesù luce. Guardiamo a questo oggetto a  questa candelina, non come a qualcosa di magico, di superstizioso. Questa candela sia un segno e un ricordo. Il segno di qualcuno che si consuma per me. E questa candela deve essere anche il modello della nostra vita: come la candela anche io  debbo consumarmi per far luce agli altri.