Il Vangelo ci
presenta una scena di ordinaria vita familiare: una famiglia mentre va al
tempio. Una famiglia dunque che non ha solo preoccupazioni materiali ma coltiva
per tutti i suoi membri anche la vita
spirituale. Da notare che vanno insieme al tempio. Questo perché come si vive
insieme tanti momenti della propria vita, così anche come soggetto, come famiglia bisognerebbe
almeno qualche volta pregare insieme e
andare al Tempio insieme.
Perché questa
famiglia va al tempio? Va a al Tempio per compiere un atto di fede: riconoscere
cioè che la vita e l'amore che unisce le persone di famiglia vengono da Dio che
è la roccia su cui costruire la propria casa familiare. Va al tempio anche per
ringraziare Iddio che ha riposto nei genitori la sua fiducia donando loro un
figlio. Va al tempio per capire qual è la vocazione del figlio, cosa Dio vuole
da quel bambino. Infine va al tempio per offrire quel figlio a Dio, a compiere
cioè un atto sacerdotale.
Questa famiglia al
tempio incontra altri credenti. Passa cioè dalla famiglia di sangue ad un'altra
parentela quella fondata nella parola di Dio.
In ogni incontro
vissuto con fede c’è per sempre una
sorpresa e un messaggio di Dio e questo
vale soprattutto quando incontriamo i
poveri, gli anziani, i sapienti.
Due anziani,Anna e Simeone:
Incarnano la storia
di una attesa di Dio che non va delusa.
Simeone: fa parte dei poveri del Signore, gli Anawim, è uomo giusto e timorato di Dio.
E’ il Theotokos, cioè il portatore di
Dio. È uomo dell'attesa: attende il conforto di Dio ed è certo della fedeltà di
Dio. È un anziano, ma ha un cuore giovane, perché lo Spirito lo rende vivo,
aperto al futuro.
Il suo inno, noto
come il Nuc dimittis, (Ora lascia, Signore, che il tuo servo vada
in pace, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza…), sarebbe bello
se ognuno potesse esclamarlo nell’imminenza
della fine della propria vita. Questo cantico contiene la certezza che
la salvezza di Dio è universale, senza escludere nessuno. Cristo sarà per
sempre e per tutti salvezza ma anche giudizio per chi coscientemente rifiuta di
accoglierlo.
Poi c'è Anna, la profetessa, cioè una donna attenta ai segni di Dio nella storia che
capisce che un segno di Dio è quel bambino, è Gesù. Il suo nome Anna significa dono di Dio, suo padre Fanuel significa Volto del Signore, la sua tribù Aser
significa Gioia: un nome, dunque,
ricchissimo di significato. Anna è il ritratto di una vecchiaia felice e
benedetta da Dio. Questa donna è modello di una senilità gioiosa e operosa. È
vedova ma è anche una catechista perché parla di Gesù a tutti come dovrebbe
fare ogni annunciatore del Vangelo.
Anche noi siamo
presenti in questa festa e in questa celebrazione. In sintesi:
dobbiamo
sentirci come Maria e Giuseppe, affidatari della vita altrui. Dobbiamo amare
con un amore tenero come quello di Maria e con un amore forte come quello di
Giuseppe. Madre e Padre incarnano
nella famiglia due ministeri: il padre il ministero della Giustizia, la mamma
il ministero della Grazia. Come Maria e Giuseppe anche noi dobbiamo offrire a Dio le
vite a noi affidate ed il nostro lavoro educativo. Poi dobbiamo metterci a
disposizione del piano di Dio: che ci chiede di offrire e di soffrire se necessario.
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Come
Simeone Anna dobbiamo vivere nell'attesa di incontrare Gesù, unico Salvatore, vero Tempio per incontrare Dio, vero ed efficace Purificatore.
In
questo giorno si benedicono anche delle candeline come simbolo di Gesù luce.
Guardiamo a questo oggetto a questa
candelina, non come a qualcosa di magico, di superstizioso. Questa candela sia
un segno e un ricordo. Il segno di qualcuno che si consuma per me. E questa
candela deve essere anche il modello della nostra vita: come la candela anche
io debbo consumarmi per far luce agli
altri.