Le ricerche registrano una diminuzione quantitativa di praticanti e forse di credenti: le chiese si spopolano, le indicazioni etiche sono disattese, i sacramenti disertati.
Situazione analoga a quella di Gesù in Gv. 6: viene contestato perché si proclama “Parola” di Dio; viene abbandonato perché si proclama “Pane di vita” (salvezza non trionfalistica ma con offerta vita)
Ai Dodici Gesù dice: “Volete andarvene anche voi?”
Pietro risponde: “E da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”.
Nella risposta di Pietro c’è la motivazione della vera fede che non subisce corrosione nel tempo. Le altre motivazioni si corrompono (non è vera fede personale ma semplice adesione al proprio gruppo).
2. NOI E QUESTA PAROLA DI DIO
Qual è il punto di discriminazione legittima fra coloro che si dicono cristiani e quelli che tali non sono?
Solo coloro che sono in grado di dire a Gesù “tu hai parole di vita eterna”, costoro sono il gruppo dei credenti: eletti, non nel senso aristocratico e sociale, ma nel senso spirituale, carismatico; cioè scelti dal Signore perché siano nel mondo non un impero che si ingrandisce, ma appena una manciata di sale e un pizzico di lievito.
Nella risposta di Pietro c’è la rinuncia alle attese politiche, trionfalistiche del messianismo ebraico e l’accettazione della via umile di Gesù che va verso la crocifissione.
Ora la vera fede ci introduce proprio in questa scelta qualitativa fatta da Gesù. Certo, la vera fede ci impegna anche e severamente nel cammino di liberazione dell’uomo e della terra accanto a tanti altri uomini che si spendono per la giustizia e la libertà, mossi a ciò dall’unico Spirito di Dio che investe la creazione. Ma il nostro specifico di cristiani è l’essere raccolti attorno alla Parola e all’Eucarestia vale a dire attorno alla CROCE.
La parola di Pietro allora segna un punto essenziale per la vera fede: intesa correttamente essa significa rinuncia ad ogni ambizione, rinuncia ad ogni ricerca di potere, rinuncia ad ogni presunzione di ritrovare dentro di sé o nella storia il significato dell’esistenza.
La parola di Pietro rivela la nostra miseria di fondo, quella che ci porta a Lui, al Signore. Perché solo Gesù Cristo, morto e risorto, porta luce all’uomo smarrito quando questi si interroga sul suo mistero personale e su quello globale dell’esistere.
Le parole di Gesù sono le uniche cui possiamo aggrapparci. Sono Parole di vita eterna: cioè di vita totale, secondo le promesse di Dio; di vita, già ora almeno germinalmente, vita ricondotta alla piena autenticità, alla piena esperienza della liberazione. Potremmo mutuare così la parola di Pietro: “Signore, tu solo ci dai la piena libertà; tu solo ci dai l’esperienza della totale liberazione”.
La sura 103 del Corano dice: “In verità l’uomo è in perdizione”. E Giorgio Seferis: “come siamo piombati, compagno, in questa fogna di paura?”. Le realizzazioni umane non potranno mai essere risposta adeguata a quel cumulo di attese in cui ritroviamo la nostra infinita miseria e anche la nostra straordinaria grandezza. Attese che permangono intatte anche e soprattutto là dove la civiltà delle cose cerca di drogarci con l’offerta di una felicità artificiale e con parziali liberazioni dalle sudditanze che ci stringono. Solo la Parola di Gesù può indicarci e avviarci verso una giustizia altra, una comunione nuova tra gli uomini, una corporeità trasformata e trasformante, una vita che sappia rispondere pienamente alle nostre attese, non solo infinite, ma di Infinito.