La libertà chiama in gioco la nostra responsabilità, verso le altre persone.(L. Ciotti)

venerdì 29 maggio 2020

Pentecoste: riflessioni di don Pietro.

1. Il Grande Dimenticato 

Sorprendente è l'operazione culturale condotta felicemente dalla Chiesa nel corso dei secoli relativamente alle Solennità di Natale e di Pasqua che si sono così profondamente radicate nell'animo dei credenti praticanti e non solo. Perché ciò non è avvenuto anche per la festa di Pentecoste, per l'evento da cui nasce la Chiesa e cioè la discesa dello Spirito santo? Eppure lo Spirito santo è il protagonista sia del Natale che della Pasqua.

2. Qualche ipotesi

La dimenticanza, l'oblio dello Spirito santo probabilmente è dovuto alla sua natura misteriosa.
Lo Spirito è comunione invece la modernità presenta un carattere ed un volto egocentrico, che contrasta con il significato centrale dello Spirito.
Forse c'è anche un peccato di omissione della riflessione di fede che e stata una riflessione fortemente intellettuale, e stata poco teologia in ginocchio. La teologia si è limitata quasi esclusivamente a parlare di  Dio, non a Dio, né si è messa in ascolto di Dio

3. Consequenze nefaste 

La più grave conseguenza è l’erramento e lo smarrimento dell'uomo,il suo sprofondamento nella prigione della solitudine, paralizzato dalla paura, a volte preda di vera e propria angoscia e disperazione. Su di lui  incombe il nichilismo, dinanzi a lui si spalanca un vuoto terribile e insopportabile.
L'ostracismo dello Spirito di Dio consegue alla  rivincita del razionalismo. Cioè l’ incapacità da parte dell’uomo di pensare il mistero e, quindi, l'assenza e la mortificazione nella sua esistenza di valori immateriali e spirituali. La marginalità, a volte una vera e propria assenza, dello Spirito ha condotto alla sovrastima dell'aspetto istituzionale della Chiesa e questo ha significato la mortificazione dei carismi,  l’ incapacità  di vivere al suo interno rapporti di comunione e  la sterilità all’esterno del suo compito missionario.
La mancanza dello Spirito ha anche determinato un regresso dell'umanità alla situazione babelica. Domina sovrana  l’incomunicabilità tra le persone, tra i gruppi umani, tra i popoli, tra le religioni. Spesso nei rapporti prevale l'impulso al dominio violento, c'è chiusura e mortificazione delle diversità.

4. Lo Spirito santo

Con la discesa dello Spirito santo  c'è come un nuovo inizio della creazione, dopo il fallimento del primo inizio.
Come il Soffio creatore di Dio evoca le cose dal nulla, trasforma in cosmos il caos, infonde un alito di vita nell'uomo, così il dono dello Spirito è nuova creazione per la terra e per l'uomo.
Il dono dello Spirito, cui segue l'invio dei discepoli nel mondo, pone un elemento di continuità tra la missione di Gesù da parte del Padre e quella della Chiesa nel mondo, perché tutti gli uomini ricevano la pienezza della vita.
Lo Spirito è strettamente necessario, indispensabile, per chi vuole agire come Gesù e in nome di Gesù. Come Gesù fu concepito per opera dello Spirito santo così i discepoli dovranno essere generati dallo Spirito. Senza lo Spirito i discepoli non possono rimettere i peccati. Cioè per combattere e sconfiggere la forza negativa del peccato, della sua nefasta influenza nel mondo, occorre la forza dello Spirito. Come Gesù venne indicato dal Battista come l'Agnello che toglie il peccato del mondo, così la Chiesa va concepita come la casa in cui si rimettono i peccati.
Con lo Spirito santo l'annuncio di Cristo tocca e cambia il cuore dell'uomo. Senza lo Spirito la parola di Dio è morta.
Con lo Spirito i discepoli diventano capaci di parlare le lingue degli ascoltatori. Cioè la parola di Dio detta nello Spirito diventa forza unificatrice che si contrappone vittoriosamente alla logica di divisione, quella di Babele.
Le particolarità non vengono mortificate, ma trascese in una superiore comunione sul modello del mistero trinitario: un solo Dio in tre persone uguali e distinte.
Questo processo di unificazione del mondo inizia dalla Chiesa: in essa deve esserci  diversità di carismi, a uno solo è lo Spirito.; c'è diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore come ci ricorda Paolo nella prima lettera ai Corinzi.

5. Promessa mantenuta

Alla Samaritana Gesù aveva promesso un'acqua dissetante e ristoratrice. Ebbene, quest'acqua è lo Spirito santo con i suoi doni: "a ciascuno è stata data una manifestazione dello Spirito, per l'utilità comune".
I doni non sono concessi per l'affermazione di sé, ma per l’edificazione della Chiesa.
Il bene della comunità è più importante della propria affermazione.
6. Porte aperte
 Le porte chiuse che lo Spirito apre sono: 
la consolazione contenuta nelle Scritture che scende con lo Spirito nel cuore di chi soffre. 
La forza dei sacramenti e della carità che si incarna nei cuori. 
La grazia dell'ascolto profondo  concessa a chi legge la Scrittura. 
La via dell'annuncio  che viene aperta dinanzi ai passi degli apostoli.

sabato 23 maggio 2020

Ascensione, la riflessione di don Pietro

PER CHI LA DESIDERA ECCO LA MIA MEDITAZIONE PER LA SOLENNITA’ DELL’ASCENSIONE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO. VI SALUTO FRATERNAMENTE

A. Premessa

1. L'evento non va inteso in senso spaziale, topologico: quasi si trattasse di un trasferimento materiale del corpo del Cristo dalla terra al cielo con un volo oltre le nubi e l'atmosfera, con gli angeli che pilotano il corteo. Non si tratta di una cerimonia di intronizzazione del Cristo alla destra del Padre
2. Più che il fatto, interessa il suo senso profondo e il suo messaggio.
Questo mistero è sviluppo e parte integrante del mistero di Cristo, della sua incarnazione della sua morte e risurrezione.

B. Il significato per il Cristo 

1. Cristo è innalzato perché si è umiliato. Aveva detto: "Chi si umilia, sarà esaltato".
Cristo è costituito Signore perché si è fatto servo. Aveva detto: "Chi perde la sua vita la ritrova".
Cristo ritorna al Padre, ritorna cioè Colui che dal Padre era stato inviato. Egli aveva detto: "Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo, ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre" (Giovanni 16,28)
Adempiuta finalmente della sua missione, Cristo ora vive nel mondo di Dio ed è assente dalla scena della storia umana.
Ma non è abbandono il suo: manderà il suo Spirito, guida e sostegno della Chiesa sino alla  Parusia 
2. Il racconto dell'ascensione è molto semplice: niente pomposa apoteosi come nei miti pagani e nelle rappresentazioni teatrali. Solo un sobrio accenno a dove è diretto: "Vado al padre".
Gesù salì un po' più in alto, finché una nube non lo rese invisibile.
La nube significa la Presenza di Dio. Il cielo con la sua luce, con la sua immensità e trasparenza è simbolo stupendo della dimora di Dio. Ma Dio, il Padre, non è legato ad un determinato luogo.

C. Il messaggio per l'uomo credente

1. Come Gesù anche il credente è chiamato alla vita divina, a partecipare alla gloria. 
2. Ecco alcune conseguenze indicate dal teologo B. Forte:
Il futuro dell'uomo è l'origine stessa da cui è venuto.
Egli è pellegrino verso la patria e cioè il Padre verso cui andare nello Spirito santo.
Ora questa attesa della patria, cioè di Dio, deve diventare rifiuto di ogni idolatria del presente, per aprirsi alle cose nuove, allo Spirito, dono già ricevuto ma anche promessa e anticipo di un dono più grande da attendere: la gloria di Dio, nostra piena realizzazione quando saremo liberati dalla schiavitù del peccato e della morte. 
La provvisorietà della sofferenza: passerà la notte e spunterà la luce che c'illuminerà per sempre.
Non possiamo identificare le nostra speranza con le speranze di questo mondo. Le assumiamo, le verifichiamo al vaglio della risurrezione che ci indica Dio come meta ultima e definitiva. Il richiamo della patria-Dio ci riempie di gioia.
L'ultima parola della nostra esistenza, sarà parola di gioia e non di dolore, di grazia e non di peccato, di vita e non di morte.
Camminiamo come Israele ripetendo:  "Quale gioia quando mi dissero: andremo alla casa del Signore" (Salmo 122,1).

D. Indicazioni per la Chiesa

La figura umana di Gesù viene sostituita dalla presenza dello Spirito e ciò, dice Gesù, è bene per noi.
Lo Spirito ci mette in contatto con Gesù più intimamente che con la sua figura umana. Non più con o tra i discepoli, ora Gesù è in noi!
Non è il facile guardare con gli occhi che conduce a Gesù, ma l'attenzione del cuore: "Beati i puri  di cuore,  perché  vedranno Dio"...
Partendo Gesù ci assegna anche un compito e ci affida una missione: ora tocca a noi glorificare Dio con la nostra vita.
Il compito nostro è annunciare Gesù Cristo. La nostra missione è essere sacramento di vita nuova. La nostra forza unica è lo Spirito.
Niente di più, niente di meno.

venerdì 15 maggio 2020

Lettura, curata da Don Pietro, del Vangelo della VI domenica di Pasqua


1. "Se mi amate, osserverete i miei comandamenti"


Amare Gesù comporta l'accettarlo nella realtà sconcertante della sua venuta e della sua "ora ".
I Giudei hanno rifiutato di accoglierlo e anche i discepoli stentano ad accettarlo pienamente: vedi Pietro ad esempio che tenta di opporsi a Gesù che vuole lavargli i piedi. Non ritrova in Gesù chinato ai suoi piedi l'immagine che egli si è fatto del Messia. Non riconosce nel servo e schiavo il suo Signore.
Amare Gesù significa riconoscerlo come maestro e Signore, ma nel modo in cui il Padre e lui stesso hanno voluto che fosse: come servo umiliato e rigettato.

2. Amore come fede e obbedienza ai comandamenti

L'amore verso il Gesù, allora, non è altra cosa che la fede nella sua origine divina. E la vera fede in Gesù implica l'amore per lui.
La prova d'amore verso  Gesù consiste, poi, nell'osservanza del suo comandamento. Non in una semplice osservanza esteriore, ma nell'accordo profondo della volontà, nell'adesione convinta dello spirito e del cuore, insomma in una fedeltà amante. Tradurre l’entolé  greca con comandamento significa impoverirne la ricchezza teologica. Il comandamento che Gesù chiede di osservare implica l'idea di una rivelazione che costituisce il fondamento della vita religiosa e morale.
Più che comandamento allora, si dovrebbe tradurre con insegnamento, mandato, via. Gesù, cioè, apre ai suoi discepoli una via nuova per entrare in comunione con lui e con il Padre.
Gesù rivela un mondo nuovo, comunica una vita, indica un'opera, confida un progetto.
Il comandamento di Gesù comporta tutta la rivelazione che egli ha fatto ai discepoli della volontà divina.
E l'amore per Gesù si può esprimere solo con e nella sullecitudine a conservare il suo insegnamento e a camminare nella sua via.
E il comandamento  che ricapitola la rivelazione che Gesù è venuto a portare e la via nuova che è venuto ad aprire è il comandamento dell'amore fraterno che trova nella lavanda dei piedi, oltre al suo significato salvifico, il suo valore di esempio per i discepoli.
La legge della comunità dei suoi discepoli è il servizio fraterno.
Questo comandamento Gesù lo ha promulgato insieme all'annuncio della sua dipartita.
Quasi ad ammonire i discepoli che nel tempo della sua assenza fino al suo ritorno, essi dovranno renderlo presente amandosi e servendosi gli uni gli altri.
Questo amore fraterno deve segnare di sé l'ultima tappa della rivelazione, il tempo dello Spirito, l'anticipo della vita eterna.
Gesù chiede ai suoi discepoli non solo di amarsi reciprocamente , ma di amarsi "come" (“otì”) lui ci ha amati.
L’amore dei discepoli deve, cioè, essere la continuazione dell'amore di Gesù, il frutto dell'amore di Gesù, la risposta al suo amore.
Conseguentemente la Chiesa di Gesù dovrà essere una comunione, uno scambio reciproco di servizi, un vivere insieme, nel suo amore, uniti dall'amore per Gesù.
Ancor una volta l'amore fraterno è collegato alla fede in Gesù.

3. La promessa del Consolatore

Nella rivelazione vi sono come due tappe: Gesù ha rivelato il Padre, si è manifestato come l'Inviato, il Figlio, ma i discepoli non hanno riconosciuto realmente in lui la presenza del Padre.
Occorre il dono dello Spirito perché i discepoli credano che Gesù è nel Padre, essi in lui e lui in essi.  Allora ogni velo cadrà e la rivelazione si compirà pienamente. Il dono dello Spirito nulla aggiunge alla rivelazione, ma la compie perché la trasforma in luce e vita nel cuore di discepoli.
Ecco la novità: prima della Pentecoste lo Spirito era presso i discepoli e in Gesù. Ora è nei discepoli, nel loro cuore, per sempre.
Grazie a questo dono, la rivelazione di Gesù penetra nei loro cuori da cui sgorgheranno quei "fiumi di acqua viva" annunciati da Gesù.
E così la rivelazione di Gesù diventa sapienza di vita nei discepoli.
Senza lo Spirito alla missione del figlio manca il sigillo, alla sua parola manca l'autenticità e al suo stesso sacrificio la fecondità.
È lo Spirito che mantiene vivo l'insegnamento di Gesù, ne mette in luce il vero significato e lo fa penetrare nei cuori.
E’ lo Spirito  che introduce i discepoli alla verità tutta intera, alla conoscenza del loro Maestro svelando la sua persona nella sua sorgente:  il seno del Padre.
È lo Spirito che denuncia la perversione, la menzogna del mondo che condanna Gesù e dimostra la falsità del principe di questo mondo.
L'opera dello Spirito non si limita alla mente. Essa opera nei cuori realizzando in essi la presenza del Padre e del Figlio.
Solo l'invio dello Spirito porta a termine la missione  di Gesù.
Egli è lo Spirito di verità, lo Spirito attraverso cui si scopre la verità, che altri non è se no lo steso il Gesù nella sua verità senza veli.


lunedì 11 maggio 2020

V DOMENICA DI PASQUA. Don Pietro


1. "Io sono la via"

In un itinerario ordinario c'è un inizio e una meta. La via è solo la strada che conduce al traguardo. Raggiunto questa essa non serve più: è solo mezzo al fine.
Invece in un itinerario che si apre all'infinito, il traguardo non è la fine della strada, il traguardo è la stessa strada che conduce sempre più avanti, sempre più in alto. In tal caso  strada e traguardo si identificano.
Così è  Gesù : strada e traguardo insieme.
Egli non è un semplice strumento di salvezza che una volta adoperato può essere messo da parte, egli è uno strumento che si identifica con la salvezza stessa.
L'immagine della via esprime solo il senso di un'esistenza sempre protesa in avanti, fatta non di quieto possesso ma di amore ardente, non di chiusura in se stessi, ma di dono.
Paolo parla dell'amore come di una via

2. Io sono la verità

Gesù è la rivelazione del Padre. In lui la parola che è una sola cosa con il Padre, si è fatta carne, è divenuta visibile, ascoltabile, toccabile.
Attraverso la comunione con Gesù il Cristo, ogni uomo può entrare in comunione col Padre.
Il peccato aveva separato Padre e Figlio. Cristo ha eliminato il muro di divisione. Nelle parole di Gesù, nelle sue opere, possiamo intravedere il volto di Dio.

3. Io sono la vita

Gesù è la vita divina donata agli uomini. Egli è il compimento di ogni desiderio del cuore umano.
Perciò l'annuncio della sua partenza suscita turbamento nel cuore dei discepoli.
Per loro Gesù era tutto: per lui avevano abbandonato tutto; sul lui avevano puntato ogni speranza.
Il loro non è semplice dispiacere psicologico di amici. È il disorientamento del discepolo che vede sparire l'unico punto di riferimento della propria vita.
Ma Gesù non li abbandona. Al contrario, tornando al Padre, completa il percorso rendendolo praticabile anche ai discepoli.
Grazie al suo ritorno al Padre, anche gli uomini possono ritornarvi.
Come per Gesù,  anche per loro il vivere e morire può diventare un ritorno a Dio.
Chi accoglie Gesù con fede e amore è inserito in una corrente infinita di amore che porta verso il Padre. La comunità credente è la grande opera iniziata e continuata dai discepoli nello Spirito.