1. “Primo in tutto per l’onor di Cristo Re”.
Era la regola-slogan per gli aspiranti di Azione Cattolica nel dopoguerra.
• palese contraddizione con l’evangelo che propone come modello Cristo che da primo ha scelto di essere l’ultimo, che ha fustigato duramente gli atteggiamenti improntati a superbia, condannato i comportamenti ispirati a vanagloria ed ha rivelato le predilezione del Padre per i piccoli, gli umili e i “perdenti”.
• una pedagogia pericolosa – quella del primeggiare – perché inoculava il sottile veleno dell’ambizione, della vanità, del successo ad ogni costo,
• dell’eroicismo , e del senso di fallimento e angoscia nel caso – frequente – di insuccesso scolastico, sociale e spirituale.
2. La Parola di Dio.
Alla luce dalla Parola di Dio e al confronto dello stile di vita assunto dal nostro primo modello Gesù Cristo e dai Santi, ogni comportamento improntato a vanità, a esibizionismo, al culto di sé – fino all’idolatria della propria persona – risulta riprovevole perché usurpa quella gloria che è dovuta solo a Dio ed è riconducibile ultimamente a quella superbia radicale che fonda la condizione di peccato dell’uomo dinanzi a Dio.
Questo amore di sé, spinto sino al successo degli altri e di Dio fonda la città terrena presuntuosa ed autosufficiente, così come l’amore di Dio, spinto fino al disprezzo di sé fonda la Città celeste ove le creature non risplendono di luce propria ma si illuminano della Gloria dell’Altissimo.
3. Elogio dell’umiltà.
Per entrare in questa Città – il Regno di Dio – passaporto indispensabile è l’umiltà.
Con l’umiltà il discepolo di Gesù – non solo, ma ogni uomo e donna – esprimono di aver compreso e vivere qual è la loro reale condizione, la loro verità: quella di essere delle semplici creature che ricevono tutto da Dio e che sono sempre bisognose di perdono e misericordia.
L’umiltà, perciò, dovrebbe essere il primo e fondamentale atteggiamento da assumere davanti a Dio per ogni vero credente.
E’ l’atteggiamento che più piace a Dio, che ci mette in sintonia col Cristo e che sarà massimamente onorato dal Padre che “resiste ai superbi ed esalta gli umili”.
“Tu salvi la gente umile, mentre abbassi gli occhi dei superbi”. 2 Sam 22,28
“Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso”. Ez 17,24
“Il Signore sostiene gli umili, ma abbassa fino a terra gli empi”. Sal 147,6
Innumerevoli sono i passi del vangelo che propongono l’umiltà come la condizione impreteribile per avere il compiacimento di Dio e l’ingresso nel Regno.
E Gesù ha incarnato nella sua persona l’umiltà, come emerge da Fil 2,6-11, il famoso inno cristologico dove si parla dell’umiliazione propria della incarnazione del glorioso Figlio di Dio, di condizione divina e in possesso dell’uguaglianza con Dio.
E l’incarnazione raggiunge il suo vertice nella Croce, esperienza propria degli schiavi e dei reietti della società umana.
L’orgoglioso, invece, si gonfia, si vanta, si crede come Dio, è arrogante, ambizioso e vanitoso.
4. Vivere in umiltà.
Il vero discepolo di Gesù, il credente autentico ha in abominio la superbia e assume pensieri e atteggiamenti umili davanti a Dio, con se stesso, con gli altri.
Dinanzi a Dio sa di essere una semplice creatura, sempre piccola davanti al Creatore, sempre peccatore bisognoso di perdono.
L’umile conosce se stesso, i suoi limiti, la sua povertà, il suo essere finito e, se non sprofonda nell’abisso della depressione, neppure si esalta inorgogliendosi per le sue qualità e successi ma tutto accoglie come dono aprendosi al ringraziamento.
Sa di essere un nulla, ma amato da Dio e, questo, gli dà la vera pace.
Nei rapporti con gli altri detesta
• l’arrivismo e l’arrampicamento ad ogni costo
• non ha preoccupazioni gerarchiche
• non si dà arie né si pavoneggia in modo indecoroso
• ha in abominio la baldanza di credersi superiore agli altri e non partecipa alla corsa per primeggiare.
Chi è davvero umile:
• non pretende di occupare i primi posti
• non va mendicando consensi
• non impone il proprio parere
• non vuole dire sempre l’ultima parola
• se riceve onore rimane confuso, se ne ritiene indegno e ringrazia.
Questo stile di vita diventa testimonianza e contestazione della logica superba del mondo.
Secondo la pedagogia orgogliosa del mondo:
• bisogna studiare per essere il I° della classe
• giocare con forza e astuzia per diventare campione
• diventare amico di chi conta per salire in alto presto.
Ma con questa pedagogia si costruisce il mondo della prepotenza, dell’invidia e dell’esclusione dove ciò che vale
• non è vivere con gli altri, ma vincere gli altri
• non è stare insieme agli altri, ma sopra gli altri.
Cose ben diverse sono – ovviamente – la sana emulazione, il giusto senso del proprio Sé e la fiducia in se stessi per affrontare le difficoltà della vita.
Conclusione.
Chiediamo a Dio il dono della umiltà, accettando però che Dio ci mandi qualcuno che ce la faccia esercitare.
Svuotiamoci di noi stessi, per poter essere riempiti di Dio.
Cerchiamo sempre di crescere nell’umiltà consapevoli che l’umiltà è una virtù che scompare nel momento in cui si crede di averla.
Il pensiero di un Santo molto umile:
L’umiltà è come la catena del rosario, se la catena si rompe, tutti i grani se ne vanno. Così, se cessa l’umiltà, tutte le virtù si disperdono.
L’umiltà è come una bilancia: quando più ci si abbassa da un lato, tanto più si è innalzati dall’altro”. ( Il Curato d’Ars, un prete umilissimo e santo)