La libertà chiama in gioco la nostra responsabilità, verso le altre persone.(L. Ciotti)

sabato 25 febbraio 2017

Meditazione sul Vangelo di Domenica 26 Febbraio

Amici della Fraternità, ecco, per quanti mi hanno comunicato di gradirla,  una breve meditazione sul Vangelo della Domenica VIII del tempo ordinario dell’Anno liturgico
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Ad una comunità benestante, l’evangelista Matteo ricorda una parola di Gesù circa il denaro.
Intanto, ricordiamolo, Gesù non ha mai demonizzato i beni della Terra, ammenocché non siano sati  ottenuti con  ingiustizia, con sfruttamento,  con latrocinio e purché non abbiano creato autosufficienza in chi ne dispone  e non riconoscimento della loro provenienza dalla munificenza divina che li dona.
I beni per la tradizione ebraica nata dalla rivelazione sono segno di benedizione divina e perciò vanno accolti come doni ringraziando il Donatore lodandolo per la loro bellezza e condividendoli con chi è povero e si trova nel  bisogno.
Tra l’altro senza beni e vivendo nella penuria l’uomo può dubitare di Dio e della sua premura verso le sue creature più amate, noi.
Guai, però, a riporre in nelle ricchezze il proprio cuore e  la propria fiducia. Bisogna anche liberarsi dall’ansia e dalla paura di perderle.
Non è facile per noi accogliere questa parola di Gesù. L’idolatria della ricchezza nella nostra cultura ha conferito al danaro un fascino irresistibile. E’ passata l’idea che col denaro si può comprate tutto e tutti, compresi uomini, donne, bambini, politici,  talvolta anche qualche esponente del Clero…
E’  molto diffusa per altro la convinzione che il denaro sia il generatore di ogni valore. Del resto non offre il denaro indiscutibili vantaggi? E non è l’uomo disposto a tutto per avere più soldi, rinunciando, se necessario, anche alla propria dignità e calpestando gli altri?
La proposta di Gesù :  egli ci  esorta a liberarci dall’ ansia, dall’affanno e dalla  preoccupazione eccessiva per il denaro.
 Il suo invito pressante e quello  del distacco  che induce ad aumentare i nostri beni con ogni mezzo perdendo pace, serenità e buoni rapporti con gli altri visti come pericolosi concorrenti da eliminare… E’ la proposta di Gesù è quella di  scegliere lo stile della sobrietà.
E questo per recuperare e quindi poter disporre di quella libertà che è indispensabile per amare, cioè per realizzare lo scopo della nostra vita. Chi accoglie l’invito di Gesù non è più schiavo dell’avidità e del possesso e si è liberato da un padrone tirannico, qual è sempre il denaro. Si finisce fatalmente per esserne posseduti, non di possederlo, di sottostare alle sue ferree imposizioni divenendone schiavi.
Gesù nel suo Regno non ha voluto che ci fossero e non vuole che ci siano ricchi, ma voleva  che tutti fossero e  siano sempre Signori. Il ricco è uno  possiede e trattiene tutto quello che ha e che è solo per sé. Il signore, invece, condivide con gioia con gli altri, soprattutto se indigenti, quello che ha e quello che è.

La promessa di Dio attraverso Gesù a chi ascolta e obbedisce alla sua parola è la certezza che Dio non farà mai mancare il necessario ai suoi figli. Lo fa già con gli uccelli del cielo cui da il nutrimento e con i gigli del campo che riveste di bellezza.

giovedì 23 febbraio 2017

Una bellissima poesia

Solo per caso


Mostrami la prigione, mostrami il carcere,
mostrami il detenuto la cui vita è andata male,
ed io ti mostrerò, ragazzo mio, mille ragioni
per cui è solo un caso se al suo posto non ci siamo noi.
Mostrami il vicolo, mostrami il treno,
mostrami il vagabondo che dorme sotto la pioggia;
ed io ti mostrerò, ragazzo mio, mille ragioni per cui è solo un caso se al suo posto non ci siamo noi. Mostrami le macchie di whisky per terra, mostrami l'ubriaco che esce barcollando;
ed io ti mostrerò, ragazzo mio, mille ragioni
per cui è solo un caso se al suo posto non ci siamo noi.
Mostrami il paese dove caddero le bombe,
mostrami le rovine degli edifici che si ergevano alti,
ed io ti mostrerò, ragazzo mio, mille ragioni
per cui è solo un caso se li non ci siamo noi.


Phil Ochs

(Da: Folk songs, ed. Guanda, Parma)

venerdì 17 febbraio 2017

Meditazione sul Vangelo della VII Domenica del T. O. e Testamento di padre C. de Cherge’

Per quanti di voi vorranno gradirla, ecco Amici, una mia riflessione-Meditazione sul Vangelo della VII Domenica del Tempo ordinario dell’Anno liturgico

Gesù indica ai suoi discepoli come comportarsi quando si è vittime della violenza
      I.            La violenza da non replicare, per Gesù, va dalla più grave alla meno grave: dalla violenza fisica (lo schiaffo) alla minaccia di processo (per toglierti la tunica); dalla domanda importuna (costrizione al carriaggio), a quella petulante e sfacciata (richiesta di un prestito).
   II.            Quali sono, in tali casi, le indicazioni di Gesù?
·       Bisogna accogliere concedendo il prestito le richieste pressanti degli importuni
·       Bisogna assecondare la richiesta di facchinaggio e carriaggio avanzata dai militari occupanti il Paese
·       Bisogna rinunciare ad ogni arma di difesa, anche al bastone (serviva per tenere a bada ladri e lupi) ed ai calzari
·       Bisogna farsi prendere la tunica, anzi bisogna dare a chi prende la tunica anche il mantello

In sintesi e più precisamente:

Chi subisce violenza deve rinunciare ad ogni replica e questo a imitazione di Dio che il suo sole lo fa sorgere sui buoni e sui cattivi e la sua pioggia la fa scendere sui giusti e sui malvagi.

Attenti, però: occorre non restare passivi e inerti quando si riceve un torto. Bisogna andare incontro al proprio nemico. Occorre essere come agnelli in mezzo ai lupi.
Bisogna rispondere con una bontà straripante a chi ci ha fa un torto.
E questo non in situazioni eccezionali della vita , ma normali!

III.            In quali ambito occorre adottare questi comportamenti non violenti?

§  Innanzitutto nel campo delle nostre relazioni personali, come hanno fatto tantissimi Santi…
§  Poi nella Comunità cristiana: al suo interno e nei rapporti col mondo esterno ad essa
§  Infine nella vita sociale: cioè nelle lotte giuste per la libertà, la giustizia, la pace
Dopo Gesù e una moltitudine di Santi e sante, campioni e modello di non violenza attiva in epoca moderna possiamo considerare Gandhi, Martin Luther King e frà Christian de Chergé (trucidato in Algeria con altri sei confratelli) che nel suo testamento perdonava anticipatamente il suo futuro assassino)

Testamento di padre Christian de Cherge’
Se mi capitasse un giorno – e potrebbe essere oggi – di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia, si ricordassero che la mia vita era “donata” a Dio e a questo paese.Che essi accettassero che l’unico Signore di ogni vita non potrebbe essere estraneo a questa dipartita brutale.Che pregassero per me: come essere trovato degno di una tale offerta?Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato.La mia vita non ha valore più di un’altra. Non ne ha neanche di meno. In ogni caso non ha l’innocenza dell’infanzia.Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimè, prevalere nel mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca. Venuto il momento, vorrei poter avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nello stesso tempo di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito.Non potrei augurarmi una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo. Non vedo, infatti, come potrei rallegrarmi del fatto che questo popolo che io amo venisse indistintamente accusato del mio assassinio.Sarebbe pagare a un prezzo troppo alto ciò che verrebbe chiamata, forse, la “grazia del martirio”, doverla a un Algerino, chiunque sia, soprattutto se egli dice di agire in fedeltà a ciò che crede essere l’Islam.So di quale disprezzo hanno potuto essere circondati gli Algerini, globalmente presi, e conosco anche quali caricature dell’Islam incoraggia un certo islamismo. E’ troppo facile mettersi la coscienza a posto identificando questa via religiosa con gli integrismi dei suoi estremismi.L’Algeria e l’Islam, per me, sono un’altra cosa, sono un corpo e un anima.L’ho proclamato abbastanza, mi sembra, in base a quanto ho visto e appreso per esperienza, ritrovando così spesso quel filo conduttore del Vangelo appreso sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima Chiesa proprio in Algeria, e, già allora, nel rispetto dei credenti musulmani.La mia morte, evidentemente, sembrerà dare ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo, o da idealista: “Dica, adesso, quello che ne pensa!”.Ma queste persone debbono sapere che sarà finalmente liberata la mia curiosità più lancinante. Ecco, potrò, se a Dio piace, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i Suoi figli dell’Islam così come li vede Lui, tutti illuminati dalla gloria del Cristo, frutto della Sua Passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre di stabilire la comunione,giocando con le differenze.Di questa vita perduta, totalmente mia e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per questa gioia, attraverso e nonostante tutto.In questo “grazie” in cui tutto è detto, ormai della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi, amici di qui, insieme a mio padre e a mia madre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e a loro, centuplo regalato come promesso!E anche te, amico dell’ultimo minuto che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo “grazie”, e questo “a-Dio” nel cui volto ti contemplo.E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in Paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due.Amen! Inch’Allah.

Algeri,
Tibihrine, 1° gennaio 1994

martedì 14 febbraio 2017

AMARE: SEMPRE, DOVUNQUE, CHIUNQUE. PER RENDERE DIO PRESENTE NELL'INFERNO DEL NOSTRO MONDO (Annalena Tonelli)

Amici della fraternità, oggi è la festa degli innamorati, gli innamorati di un’altra persona, innamorati della bellezza, della musica, del bene, del creato, della pace della giustizia, di Dio. Una di noi, Annalena Tonelli era innamorata dei poveri, dei malati, degli abbandonati e per loro ha speso la vita fino a quando un disagiato mentale, da lei curato, la vita non gliel’ha tolta con violenza. Ecco alcuni passaggi da un suo bellissimo scritto. A tutti voi che amate, un caloroso augurio di crescere sempre nell’amore perché l’amore è come la vita: se si ferma, muore.

AMARE: SEMPRE, DOVUNQUE, CHIUNQUE. PER RENDERE DIO PRESENTE NELL'INFERNO DEL NOSTRO MONDO

Poi la vita mi ha insegnato che la mia fede senza l'amore è inutile, che la mia religione cristiana non ha tanti e poi tanti comandamenti ma ne ha uno solo, che non serve costruire cattedrali o moschee, né cerimonie né pellegri­naggi, che quell'eucaristia che scandalizza gli atei e le altre fedi racchiude un messaggio rivoluzionario: «Questo è il mio corpo fatto pane perché anche tu ti faccia pane sulla mensa degli uomini, perché, se tu non ti fai pane non mangi un pane che ti salva, ma mangi la tua condanna» L'eucaristia ci dice che la nostra religione è inutile senza il sacramento della misericordia, che è nella misericordia che il cielo incontra la terra. Se non amo, Dio muore sulla terra; che Dio sia Dio io ne sono causa (dice Silesio). Se non amo, Dio rimane senza epifania, perché siamo noi il segno visibile della sua presenza e lo rendiamo vivo in questo inferno di mondo dove pare che lui non ci sia, e lo rendiamo vivo ogni volta che ci fermiamo presso un uomo ferito. Alla fine, io sono veramente capace solo di lavare i piedi in tutti i sensi ai derelitti, a quelli che 'nessuno ama, a quelli che misteriosamente non hanno nulla di attraente in nessun senso agli occhi di nessuno. Luigi Pintor, un cosiddetto ateo, scrisse un giorno che non c'è in un'intera vita così più importante da fare che chinarsi perché un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi. Così è per me. È nell'inginocchiarmi perché stringendomi il collo loro possano rialzarsi e riprendere il cammino o addirittura camminare dove mai avevano camminato che io trovo pace, carica fortissima, certezza che tutto è grazia. Vorrei aggiungere che i piccoli, i senza voce, quelli che non contano nulla agli occhi del mondo, ma tanto agli occhi di Dio, i suoi prediletti, hanno bisogno di noi, e noi dobbiamo essere con loro e per loro, e non importa nulla se la nostra azione è come una goccia d'acqua nell'oceano. Gesù Cristo non ha mai parlato di risultati. Lui ha detto solo di amarci, di lavarci i piedi gli uni gli altri, di perdonarci sempre ;...; I poveri ci attendono. I modi del servizio sono infiniti e lasciati all'immaginazione di ciascuno di noi. Non aspettiamo di essere istruiti nel tempo del servizio. Inventiamo [...] e vivremo nuovi cieli e nuova terra ogni giorno della nostra vita.


Annalena Tonelli, medico volontario per 50 anni in Africa,
uccisa da un suo assistito, disagiato mentale

domenica 12 febbraio 2017

Meditazione sul vangelo della DOMENICA VI DEL TEMPO ORDINARIO (Don Pietro)

Amici, semplici e membri della  Fraternità Nazareth,ecco, per chi ha piacere di riceverla, una breve meditazione sul vangelo della  DOMENICA VI DEL TEMPO ORDINARIO dell’Anno liturgico

1.     Circa il rapporto tra la Legge di Mosè (A. T.) e la Legge nuova proposta nel suo Vangelo (N. T.),Gesù indica da un lato non un’antitesi, una contrapposizione, ma  una continuità, dall’altro lato però segnala anche una novità, un trascendimento e un inveramento della prima nella seconda.
Una continuità perché entrambe sono tentativi generosi e legittimi di risposta della creatura a quanto Dio ha fatto per ognuno di noi. E, ovviamente, più grande è il dono fattoci da Dio, più esigente deve essere la nostra risposta. Ora, in Cristo, Dio ha dato se stesso alla creatura come prossimità, come amore e come misericordia. Conseguentemente la creatura deve rispondere al suo Creatore e Signore con una generosità nuova e radicale, con un amore totale, un amore simile a quello del suo Dio. Ad un Dio Padre tenero l’uomo deve rispondere da figlio affettuoso.
2.     La risposta degli Scribi e dei Farisei per Gesù era insufficiente. Era infatti calcolata con la logica della prestazione dovuta, della tassa minima da corrispondere. Gesù introduce e propone un’altra logica: quella dell’amore, del dono gratuito, superando sia il mercantilismo, sia il minimo sindacale dovuto, con il metro dell’eccedenza, del di più, del tutto. Insomma Dio è ragionevole: vuole tutto, dopo aver dato tutto. Con Gesù emergono due logiche in evidente contrapposizione da applicare a 5 fattispecie diverse. Per quanto riguarda l’omicidio Gesù precisa che non solo ammazzare con un’arma una persona è violazione del V° comandamento, ma anche solo adirarsi contro un fratello è ucciderlo, anche il proverbio ci dice che la lingua ammazza più della spada. Per l’adulterio Gesù precisa che non solo il tradimento  ricade sotto la relativa rubrica , ma già solo uno sguardo concupiscente nei confronti di una donna sporca l’anima. Similmente per il divorzio: accampare ragioni pretestuose per sottrarsi da un rapporto difficile  non libera dalla violazione di un patto giurato solennemente. Esigente è anche la richiesta di Gesù per il giuramento in generale. Non basta un’astuzia lessicale a esonerare chi lo ha pronunciato. E così via. Per Gesù non basta non commettere il male,  occorre operare il bene. Non basta avere le mani pulite, bisogna che siano piene, non vuote.
Per Gesù esistono due codici: il codice del dovuto e il codice del gratuito. Cioè: non basta la giustizia della Legge, occorre la giustizia dell’amore. E questo perché? Perché il dovuto a Dio è tutto!
3.     Tre campi di validità e applicabilità della Parola di Gesù:
a.     La vita personale: quella intima, quella relazionale e quella privata
b.     La vita della Comunità cristiana
c.      I vari mondi vitali che frequentiamo. In essi dobbiamo infondere il lievito del nostro servizio per fermentarli con l’annuncio della novità dell’evangelo.

Per Gesù oltre all’osservanza della Legge occorre imitare la volontà buona e compassionevole di Dio.

domenica 5 febbraio 2017

Riflessione sulla quinta domenica del tempo ordinario (don Pietro )

AMICI DI FRATERNITA’ NAZARETH  ECCO UNA MIA RIFLESSIONE
SULLA QUINTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

1. "Voi siete il sale della terra e la luce del mondo"

Con queste parole Gesù non  intendeva rivolgere un complemento ai suoi discepoli o esprimere una sua valutazione sul loro conto. Con queste parole Gesù formulava una auspicio e assegnava un compito ai discepoli.
Il sale e la luce sono due elementi che non hanno solo valore in sé, ma hanno un valore d'uso. Infatti sono destinati ad altre cose: alle pietanze e alla terra. Inoltre essi  scompaiono.
Così dev'essere per i discepoli: non devono vivere per sé. Devono spendersi per gli altri e devono scomparire. Inoltre se sono sale e luce non possono cadere in nessuna forma di integrismo, ma al contrario devono rispettare la identità degli altri. Essi devono solo, come fanno sale e luce, conservare, dare sapore, illuminare, non sostituirsi e annullare la realtà.

2. Preziosità e indispensabilità di sale e luce

Se mancano sale e luce, il mondo, la vita si impoveriscono. Non esercitando la loro funzione sale  e luce, cioè i discepoli, sanciscono la loro inutilità e il mondo si inabissa nel non senso e nell’insignificanza.

3. Cosa concretamente Gesù si aspetta dai discepoli

Essi debbono testimoniare l'amore alla verità (debbono essere cioè luce) e alla vita (devono essere sale).
Essi debbono sapere giudicare le menzogne e il male ed evidenziare il bene. Debbono essere cioè la coscienza critica del mondo.
Il nostro dramma non è che siamo troppo sale e luce ma che lo siamo troppo poco. La prova? La pochezza delle nostre opere buone.

 

Il sale

Al tempo di Gesù era molto più importante di oggi. Esso simboleggiava la sapienza. Gli si attribuiva la proprietà di proteggere e conservare la vita, di allontanare i demoni e le potenze nefaste. Perdendo il suo specifico il sale diventava nulla.
Fuor di metafora: i cristiani se non sono sale falliscono la propria esistenza terrena ed eterna. Se i cristiani non sono sale e luce mancano al proprio specifico. Infatti  essere cristiani non significa essere solo buoni, onesti, non significa solo amare: questo è un dovere beninteso, ma non è esclusivo dei cristiani. Essere cristiani significa essere creature nuove in Cristo. Significa essere coscienza critica della storia. Se il cristiano non è sale e luce la sua carità non è profetica. La sua mitezza denuncia una scarsa incisività, il suo essere paziente diventa torbido e ambiguo masochismo.

La luce

 Nel Vangelo di Giovanni al capitolo VIII, versetto 12 e al capitolo IX, versetto 5, Gesù dice di se stesso che è la luce.
Noi siamo la luce perché Gesù è la luce e la dona a noi. Lui ce la dona perché a nostra volta la doniamo, senza appropriarcene. Gesù ci vuole luce perché risplendendo noi, tutto si illumini e risplenda. Dobbiamo essere luce perché la salvezza, cioè Dio, si irradi e si sperimenti.

Solo così siamo concretamente sale e luce