La libertà chiama in gioco la nostra responsabilità, verso le altre persone.(L. Ciotti)

venerdì 17 febbraio 2017

Meditazione sul Vangelo della VII Domenica del T. O. e Testamento di padre C. de Cherge’

Per quanti di voi vorranno gradirla, ecco Amici, una mia riflessione-Meditazione sul Vangelo della VII Domenica del Tempo ordinario dell’Anno liturgico

Gesù indica ai suoi discepoli come comportarsi quando si è vittime della violenza
      I.            La violenza da non replicare, per Gesù, va dalla più grave alla meno grave: dalla violenza fisica (lo schiaffo) alla minaccia di processo (per toglierti la tunica); dalla domanda importuna (costrizione al carriaggio), a quella petulante e sfacciata (richiesta di un prestito).
   II.            Quali sono, in tali casi, le indicazioni di Gesù?
·       Bisogna accogliere concedendo il prestito le richieste pressanti degli importuni
·       Bisogna assecondare la richiesta di facchinaggio e carriaggio avanzata dai militari occupanti il Paese
·       Bisogna rinunciare ad ogni arma di difesa, anche al bastone (serviva per tenere a bada ladri e lupi) ed ai calzari
·       Bisogna farsi prendere la tunica, anzi bisogna dare a chi prende la tunica anche il mantello

In sintesi e più precisamente:

Chi subisce violenza deve rinunciare ad ogni replica e questo a imitazione di Dio che il suo sole lo fa sorgere sui buoni e sui cattivi e la sua pioggia la fa scendere sui giusti e sui malvagi.

Attenti, però: occorre non restare passivi e inerti quando si riceve un torto. Bisogna andare incontro al proprio nemico. Occorre essere come agnelli in mezzo ai lupi.
Bisogna rispondere con una bontà straripante a chi ci ha fa un torto.
E questo non in situazioni eccezionali della vita , ma normali!

III.            In quali ambito occorre adottare questi comportamenti non violenti?

§  Innanzitutto nel campo delle nostre relazioni personali, come hanno fatto tantissimi Santi…
§  Poi nella Comunità cristiana: al suo interno e nei rapporti col mondo esterno ad essa
§  Infine nella vita sociale: cioè nelle lotte giuste per la libertà, la giustizia, la pace
Dopo Gesù e una moltitudine di Santi e sante, campioni e modello di non violenza attiva in epoca moderna possiamo considerare Gandhi, Martin Luther King e frà Christian de Chergé (trucidato in Algeria con altri sei confratelli) che nel suo testamento perdonava anticipatamente il suo futuro assassino)

Testamento di padre Christian de Cherge’
Se mi capitasse un giorno – e potrebbe essere oggi – di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia, si ricordassero che la mia vita era “donata” a Dio e a questo paese.Che essi accettassero che l’unico Signore di ogni vita non potrebbe essere estraneo a questa dipartita brutale.Che pregassero per me: come essere trovato degno di una tale offerta?Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato.La mia vita non ha valore più di un’altra. Non ne ha neanche di meno. In ogni caso non ha l’innocenza dell’infanzia.Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimè, prevalere nel mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca. Venuto il momento, vorrei poter avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nello stesso tempo di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito.Non potrei augurarmi una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo. Non vedo, infatti, come potrei rallegrarmi del fatto che questo popolo che io amo venisse indistintamente accusato del mio assassinio.Sarebbe pagare a un prezzo troppo alto ciò che verrebbe chiamata, forse, la “grazia del martirio”, doverla a un Algerino, chiunque sia, soprattutto se egli dice di agire in fedeltà a ciò che crede essere l’Islam.So di quale disprezzo hanno potuto essere circondati gli Algerini, globalmente presi, e conosco anche quali caricature dell’Islam incoraggia un certo islamismo. E’ troppo facile mettersi la coscienza a posto identificando questa via religiosa con gli integrismi dei suoi estremismi.L’Algeria e l’Islam, per me, sono un’altra cosa, sono un corpo e un anima.L’ho proclamato abbastanza, mi sembra, in base a quanto ho visto e appreso per esperienza, ritrovando così spesso quel filo conduttore del Vangelo appreso sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima Chiesa proprio in Algeria, e, già allora, nel rispetto dei credenti musulmani.La mia morte, evidentemente, sembrerà dare ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo, o da idealista: “Dica, adesso, quello che ne pensa!”.Ma queste persone debbono sapere che sarà finalmente liberata la mia curiosità più lancinante. Ecco, potrò, se a Dio piace, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i Suoi figli dell’Islam così come li vede Lui, tutti illuminati dalla gloria del Cristo, frutto della Sua Passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre di stabilire la comunione,giocando con le differenze.Di questa vita perduta, totalmente mia e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per questa gioia, attraverso e nonostante tutto.In questo “grazie” in cui tutto è detto, ormai della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi, amici di qui, insieme a mio padre e a mia madre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e a loro, centuplo regalato come promesso!E anche te, amico dell’ultimo minuto che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo “grazie”, e questo “a-Dio” nel cui volto ti contemplo.E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in Paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due.Amen! Inch’Allah.

Algeri,
Tibihrine, 1° gennaio 1994

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