La libertà chiama in gioco la nostra responsabilità, verso le altre persone.(L. Ciotti)

domenica 24 febbraio 2019

Riflessione relativa alla VII DOMENICA del tempo ordinario.Don Pietro

PERDONO – NON VIOLENZA – UOMO “NUOVO”

1. Questo brano evangelico – sul perdono e sulla non violenza attiva e radicale  come stile dei rapporti del discepolo del Signore con quanti gli facessero del male – ci mette in crisi e ci crea imbarazzo.
Da un lato le parole di Gesù ci sembrano vere e giuste avendo l’autorità di Dio.
Da un altro lato, però, ci sembra pericoloso, per l’ordine che deve regnare nella società, perdonare ai malvagi e ai violenti e dare a chi ci ruba oltre al mantello anche la tunica.
Avvertiamo cioè come doveroso fermare la violenza ricorrendo anche a mezzi repressivi. E’ una contraddizione cui non possiamo e non dobbiamo sfuggire quella che, se persegue la giustizia sembra dover abbandonare l’amore e se sceglie l’amore pare debba rinunciare alla giustizia.

2. Non ci può essere conciliazione facile e totalmente risolutiva tra queste due alternative.
La contraddizione, infatti, nasce da un conflitto che è nel profondo del nostro essere: quello tra l’uomo terreno, carnale, che noi siamo, e l’uomo nuovo, celeste, che noi siamo chiamati ad essere e non solo nel futuro, ma, almeno incoativamente, già nell’oggi, nella trama dei nostri rapporti.
L’uomo carnale che in noi è vivo e vegeto tende sempre a costituirsi padrone della realtà imponendo su tutto e su tutti la sua volontà di potenza e sostituendo all’ordine del mondo il suo ordine.
E quest’uomo, autoprocalamatosi signore del mondo, è un uomo violento e produttore di violenza in quanto nega l’altro e il suo diritto e vede in lui un nemico.

Ora l’uomo carnale dal cuore violento che è in noi, emerge nei nostri comportamenti e, sommandosi ai comportamenti violenti degli altri uomini, dà vita ad una storia di inimicizia e violenza che avvelena i rapporti sociali – e anche quelli privati – e dà luogo a manifestazioni in cui lo scatenamento della bestia sembra, ormai, senza più limiti e remore.
Per questo noi siamo dentro una storia di peccato e di violenza le cui radici sono dentro di noi, nel nostro cuore.
Per questo siamo tutti complici della violenza. Perciò Gesù può dire: “Voi siete tutti cattivi”, radicati cioè nel vecchio Adamo e nella sua logica violenta.

3. Ora, la buona notizia dell’evangelo, l’annuncio lieto di Gesù è che questa logica può non essere onnipotente perché l’uomo carnale, il vecchio Adamo che è noi, può essere ucciso, vinto e sostituito con l’uomo nuovo, l’uomo spirituale, dono del Padre da accogliere, non meta da conquistare con i nostri mezzi.
E così, almeno in modo incoativo, parziale, solo per anticipazioni, noi possiamo dar vita e godere di un mondo nuovo, il Regno di Dio, in cui le radici della violenza possono essere estirpate.
Questo Regno viene verso di noi, è dentro di noi e germoglia come fiore impossibile tra i crepacci ancora profondi della violenza.

4. L’uomo nuovo, di cui parla Paolo, non è un’utopia, un sogno bello e impossibile.
In Gesù di Nazaret esso si è incarnato e ha preso vita. Con la sua morte e resurrezione è una possibilità offerta a tutti.
Gesù è entrato in un modo segnato dalla violenza imperialistica della pax romana e da quella terroristica del movimento zelota.
Egli riconduce quella violenza ed ogni altra, in ogni epoca e in ogni tempo, proprio al “cuore violento”, cui si rivolge per convertirlo, cambiarlo e istituirlo su un nuovo fondamento, per renderlo, cioè, capace di camminare nella non violenza per raggiungere la pace. Nella proposta di Gesù il male si vince col bene, che è poi convincere al bene e la violenza si debella convertendosi alla pace.
Così Gesù, incontrando la violenza non l’ha ratificata, ma l’ha scoperchiata, l’ha messa allo scoperto, portando il giudizio di Dio nel cuore degli uomini, fossero essi oppressori o oppressi.
Perché ogni vittima è un oppressore potenziale e aspetta il momento per prendere il posto dei violenti.
Ma Gesù non si è limitato a denunciare le radici della violenza, Egli ha anche indicato come possibile un mondo nuovo cui, peraltro, tutti gli uomini aspirano.

5. Gesù, personalmente, ha già vissuto in questo mondo nuovo e futuro, tanto nuovo e futuro che nessuno lo ha mai compreso, eccetto i santi.
La proposta di Gesù è fallita storicamente e fallirà sempre. La croce è il segno del fallimento.
Eppure Gesù è l’uomo futuro, l’uomo nuovo che anche a noi è proposto e offerto attraverso lo Spirito.
Questo significa la Resurrezione: Dio è dalla parte di quel fallimento e il futuro del mondo è dalla parte di quel fallimento.

6. Accogliere la proposta di radicale non violenza che Gesù ci fa – cioè rispondere con l’amore al torto che ci vien fatto – significa custodire nel cuore e far vivere nei rapporti i piccoli germi di un mondo diverso, capace di far vibrare le corde anche del cuore del carnefice.
Significa amare tanto da liberare non solo la vittima, ma anche il carnefice, come già è avvenuto il Venerdì Santo per i crocifissori di Gesù che capirono che il Crocifisso era l’uomo nuovo e si convertirono.
Quest’amore perdente secondo i parametri dell’immediato, il mondo lo giudica perciò stolto.
Ma a questo siamo chiamati: testimoniare un amore stolto, stolto perché non cambia subito il mondo e noi sentiamo che occorrono risposte urgenti alla violenza che ci assedia come morsa mortale.
Ma è un’illusione pensare che si possa realizzare una giustizia giusta attraverso la repressione e cogliere poi il frutto atteso della pace.

Era questa la prospettiva dell’Antico Testamento: credere cioè che attraverso la giustizia intesa come rettitudine e solidarietà potesse generarsi la pace, come bontà del mondo.
Gesù capovolge questa prospettiva: è la pace che genera la giustizia, perché solo dalla riconciliazione può nascere la rettitudine e la solidarietà. Senza uomo nuovo non c’è giustizia.
Il nostro compito di credenti è, allora, quello di scegliere concretamente la strada di un amore totalmente non violento, senza però la pretesa di cambiare il mondo.
A noi è chiesto solo di allevare nel nostro cuore e in quello degli uomini con cui interagiamo la certezza che solo la lotta non violenta vince, solo la forza della verità e dell’amore ha un futuro.
Le vittorie che potrebbero ottenersi con la violenza sono solo provvisorie se non  proprio illusorie. La storia è lì a ricordarcelo.

7. Certo, l’ideale dell’amore come principio costruttivo del mondo nuovo, mentre è grande, è anche debole e fragile come la Parola di Dio.
Ed è un principio che non può tradursi in una teoria, una dottrina immediatamente spendibile nella prassi, soprattutto nei rapporti sociali pubblici.
L’amore è solo una proposta offerta all’uomo vivo, alle sue potenzialità intime.
Solo i semplici e i puri di cuore possono comprenderlo e viverlo passando per ingenui e stolti secondo la logica del mondo.
Essi, quanti cioè, riescono a credere nella onnipotenza dell’amore e a testimoniarla, sono proclamati “beati” dalla Parola di Dio.

Il nostro compito – difficilissimo – è quello di rendere credibile l’amore in un mondo in cui vince solo chi oppone la forza alla forza, l’astuzia alla astuzia, l’avidità alla avidità.
Questo amore oggi non vince, ma prepara solo il mondo che viene, lo accoglie in piccoli germogli e ne dimostra la praticabilità.
Noi dobbiamo faticare tutta la storia per trovare vera questa parola del Signore, ma la scopriremo come vera solo quando la storia sarà finita, quando cioè vedendo faccia a faccia chi è Dio e chi è l’uomo, vedremo che Dio è amore e che anche l’uomo è amore.

Ora siamo chiamati a credere nell’impossibile: è questa la nostra tribolazione e la nostra beatitudine.
Non ci vergogniamo se lo Spirito ci dona di vivere alla lettera la parola del Signore, di porgere l’altra guancia, di dare anche la tunica a chi ci ruba il mantello.
E’ un privilegio anticipare ed entrare con gesti apparentemente stolti, in un mondo futuro cui tutti gli uomini, senza saperlo, aspirano.
Diffondiamo nel mondo queste fulgide insipienze: in esse è nascosta la sapienza di Dio che ha creati gli uomini non perché siano come il primo Adamo carnali e violenti, ma perché siano come il secondo Adamo, Gesù, miti e amici di tutte le creature.     

sabato 16 febbraio 2019

Vangelo della DOMENICA VI p. a.. Riflessione di Don Pietro

PER MANIFESTARSI DIO SCEGLIE CIO’ CHE NON E’, IL NON-VALORE

1. Chi sono i poveri? L’umanità indigente.
non quanti hanno il cuore distaccato dalle ricchezze ma quanti si trovano realmente in situazione di indigenza (sono, infatti, elencati insieme a ciechi, zoppi…)
sono quanti si trovano ad essere umanamente svantaggiati
proprio ad essi Dio destina il suo regno, indipendentemente da come essi si pongono dinanzi alla loro situazione disgraziata.

2. Perché proprio a queste persone Dio destina il Regno?
Nel Medio oriente come dovere fondamentale di un regno ideale c’è l’attenzione particolare da dare a chi è nel bisogno
Dio, in Gesù, realizza pienamente quest’ideale di Regno, governo, amministrazione
Questo per evidenziare la gratuità pura dell’amore di Dio
Essi non hanno niente che attiri lo sguardo di Dio e motivi la sua scelta
Dio sceglie i poveri perché li ama con un amore gratuito
Questo è evidentissimo rispetto ai piccoli e peccatori.

3. Ma, neppure per il povero, la salvezza è automatica.
L’uomo povero sta sempre dinanzi all’offerta di alleanza di Dio come libertà che risponde al dono del Regno
IL povero può accoglierlo o rifiutarlo:
se l’accoglie insieme alla sua povertà diventa povero in spirito.

4. Il povero è beato, perché testimone di verità.
l’esistenza di ogni uomo è
- fondamentalmente insicura
- non a casa, slogata, fuori di sé, alienata
         
la povertà e malattia sono reinsorgenze del caos, della fondamentale situazione di minaccia cui l’esistenza è sempre esposta.
Ora, a quest’uomo (ogni uomo) radicalmente povero, Dio dona
-    il Regno
- la salvezza

Il povero (zoppo, cieco…), che lo sappia o no, testimonia la verità sull’uomo.

Il ricco passa tra i poveri
- o condividendo le sue ricchezze
- o rinunciandovi per seguire il Signore Gesù.

venerdì 8 febbraio 2019

Riflessione sulle tre letture di domenica. Don Pietro

1. Tre esperienze di fede nelle tre letture.

A)
Dio, nella  prima lettura, manifesta la sua potenza a Isaia
il profeta avverte la sua condizione di peccato. “Un uomo dalle labbra impure io sono, in mezzo a un popolo dalle labbra impure”
Dio gli purifica le labbra con un tizzone ardente e il profeta dice: “Manda me”

B)
Cristo, nel vangelo, manifesta a Pietro la potenza di Dio compiendo un miracolo
Pietro si prostra riconoscendo la sua condizione di peccatore
Gesù lo rassicura dicendogli: “Non temere, sarai pescatore di uomini”. Ed anche Pietro, come Isaia, è mandato
Infine:
C)
La gloria, nella seconda lettura, di Dio si manifesta a Paolo sulla via di Damasco
Paolo riconosce il suo peccato di persecutore di Cristo
Il Cristo lo manda come Apostolo delle genti

In questi tre eventi viene alla luce una identica struttura dell’esperienza di fede:

A) - l’iniziativa di Dio che manifesta all’uomo la sua gloria rendendosi a lui presente
B) - L’uomo risponde a questa presenza prendendo coscienza della sua condizione di peccatore
C) - E l’uomo trasformato in credente avverte la necessità di rendere presente anche agli altri la “Presenza”.

A) L’iniziativa di Dio.
Alla fede in Dio – il Dio di Gesù Cristo, non quello dei filosofi – non si giunge attraverso le scale del ragionamento, della dialettica.
Non crediamo in Dio perché andiamo a Lui.
Crediamo in Dio perché Lui viene a noi, si fa sentire, in qualche modo ci si manifesta (in modo sconvolgente, come per Paolo, o in modo normale, senza turbamenti psicologici).
Posso dire che Dio è il senso della mia esistenza, solo per una mia esperienza interiore, perché ne ho percepito la presenza nelle profondità del mio essere.
Solo se ho avuto la grazia di fare questa esperienza ne posso parlare, altrimenti è meglio tacerne, non nominare il suo nome invano.
L’unica prova che Dio esiste è la testimonianza di fede e di vita di chi crede in Lui!
Questo Dio che, per amore, ci fa la grazia di venire a noi è un Dio che viene a toccarci con un tizzone ardente, cioè
viene a sconvolgere l’ordinamento della nostra natura
viene a estrarci da un’esistenza mortale e finita come si estrae una creatura che non vuole uscire dal grembo materno e ci fa nascere come figli.

B) La nostra condizione di peccatori.
Che incontro a noi sia davvero venuto Dio con potenza e gloria e col tizzone ardente, lo si può verificare dalla conseguente presa di coscienza della nostra condizione di peccatori.
Questo senso del peccato nulla ha a spartire con quell’ambiguo senso di colpa di cui si interessano la psicologia del profondo, o i vigenti codici morali.
In base ai correnti codici morali – che, beninteso conservano la loro importanza – potremmo non individuare peccati precisi, fattispecie criminose identificabili, e, conseguentemente cadere nella presunzione farisaica di crederci giusti attirando la condanna del Signore su di noi.
Invece l’esperienza di Dio attesta a chi ha fede di essere un peccatore, di essere costituito nella colpa.
Insomma è la coscienza di trovarsi in una situazione di difetto, di inadeguatezza per cui, ad esempio, lo stesso parlare di Dio diventa impuro perché impure sono le labbra che lo nominano.
Il credente è avvertito della disparità incolmabile tra la santità di Dio e la sua condizione umana.
Corollari importanti sono il non sentirsi e dirsi migliori degli altri, di chi non va in Chiesa, di chi non crede, il non dividere gli uomini tra buoni e cattivi, il non scandalizzarsi dinanzi alle prostitute e ai ladri!
Il credente lotta contro il male, ma sa di essere anche lui dentro quella condizione di male.
Questa confessione di indegnità  radicale è altamente liberante:
non ci fa giudicare gli altri perché dovremmo giudicare noi stessi
se ci battiamo il petto, lo facciamo con convinzione e mai sul petto degli altri
e usiamo misericordia agli altri perché prima a noi è data misericordia
e guardiamo agli altri con occhio buono perché l’occhio di Dio è buono con noi.

C) Rendere presente la “Presenza”.
Chi ha fatto l’esperienza della Presenza, della potenza perdonante di Dio, della gloria del suo amore, avverte implacabile il bisogno di farne partecipi gli altri.
Nulla a che spartire con lo spirito di proselitismo o di conquista: il Dio di Gesù Cristo non è una merce che da bravi piazzisti dobbiamo vendere sui mercati delle religioni.
Il Dio di Gesù Cristo detesta gli spot pubblicitari:
O è presente in chi ne parla, oppure le parole producono ateismo anche sotto forme di consenso religioso.
Dio si trasmette come vita che si ha in sé e come forza vitale che trasforma.
Così è stato per Gesù di Nazaret.
Chi lo ascoltava sentiva nella sua parola una potenza che era quella di Dio.
Chi lo toccava sentiva uscire da lui una forza miracolosa che guariva anime e corpi.

Conclusione. 
La “presenza” di Dio in Cristo che noi dobbiamo far nostra e trasmettere agli altri è quella suprema che si è realizzata nella morte e risurrezione del Cristo, come dice Paolo nel brano odierno della II lettura.
Non c’è altro luogo in cui Dio sia presente agli uomini.
Nella risurrezione Dio tocca con il tizzone ardente e vivificante la carne mortale dell’uomo.
Questo evento della risurrezione del Cristo e della sua apparizione ai discepoli noi lo abbiamo appreso dagli apostoli e ora lo viviamo nel simbolo eucaristico.
Allora cos’è fede?
è “vedere” cioè sentire la potenza di Dio nella gloria del Risorto attraverso il velo del simbolo
è riconoscersi dinanzi alla luce avvolti dalle tenebre del peccato senza discriminare gli uomini ma dando misericordia e pietà
ed è, infine, accettare di essere mandati perché la luce della presenza che ci ha illuminati rischiari la vita anche agli altri.

martedì 5 febbraio 2019

DOCUMENTO SULLA FRATELLANZA UMANA PER LA PACE MONDIALE E LA CONVIVENZA COMUNE

PREFAZIONE
La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare. Dalla fede in Dio, che ha creato l’universo, le creature e tutti gli esseri umani – uguali per la Sua Misericordia –, il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere.
Partendo da questo valore trascendente, in diversi incontri dominati da un’atmosfera di fratellanza e amicizia, abbiamo condiviso le gioie, le tristezze e i problemi del mondo contemporaneo, al livello del progresso scientifico e tecnico, delle conquiste terapeutiche, dell’era digitale, dei mass media, delle comunicazioni; al livello della povertà, delle guerre e delle afflizioni di tanti fratelli e sorelle in diverse parti del mondo, a causa della corsa agli armamenti, delle ingiustizie sociali, della corruzione, delle disuguaglianze, del degrado morale, del terrorismo, della discriminazione, dell’estremismo e di tanti altri motivi.
Da questi fraterni e sinceri confronti, che abbiamo avuto, e dall’incontro pieno di speranza in un futuro luminoso per tutti gli esseri umani, è nata l’idea di questo »Documento sulla Fratellanza Umana « . Un documento ragionato con sincerità e serietà per essere una dichiarazione comune di buone e leali volontà, tale da invitare tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana a unirsi e a lavorare insieme, affinché esso diventi una guida per le nuove generazioni verso la cultura del reciproco rispetto, nella comprensione della grande grazia divina che rende tutti gli esseri umani fratelli.

DOCUMENTO
In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace.
In nome dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere, affermando che chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera.
In nome dei poveri, dei miseri, dei bisognosi e degli emarginati che Dio ha comandato di soccorrere come un dovere richiesto a tutti gli uomini e in particolar modo a ogni uomo facoltoso e benestante.
In nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna.
In nome dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre.
In nome della» fratellanza umana «che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali.
In nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini.
In nome della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa.
In nome della giustizia e della misericordia, fondamenti della prosperità e cardini della fede.
In nome di tutte le persone di buona volontà, presenti in ogni angolo della terra.
In nome di Dio e di tutto questo, Al-Azhar al-Sharif – con i musulmani d’Oriente e d’Occidente –, insieme alla Chiesa Cattolica – con i cattolici d’Oriente e d’Occidente –, dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio.
Noi – credenti in Dio, nell’incontro finale con Lui e nel Suo Giudizio –, partendo dalla nostra responsabilità religiosa e morale, e attraverso questo Documento, chiediamo a noi stessi e ai Leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive.
Ci rivolgiamo agli intellettuali, ai filosofi, agli uomini di religione, agli artisti, agli operatori dei media e agli uomini di cultura in ogni parte del mondo, affinché riscoprano i valori della pace, della giustizia, del bene, della bellezza, della fratellanza umana e della convivenza comune, per confermare l’importanza di tali valori come àncora di salvezza per tutti e cercare di diffonderli ovunque.
Questa Dichiarazione, partendo da una riflessione profonda sulla nostra realtà contemporanea, apprezzando i suoi successi e vivendo i suoi dolori, le sue sciagure e calamità, crede fermamente che tra le più importanti cause della crisi del mondo moderno vi siano una coscienza umana anestetizzata e l’allontanamento dai valori religiosi, nonché il predominio dell’individualismo e delle filosofie materialistiche che divinizzano l’uomo e mettono i valori mondani e materiali al posto dei principi supremi e trascendenti.
Noi, pur riconoscendo i passi positivi che la nostra civiltà moderna ha compiuto nei campi della scienza, della tecnologia, della medicina, dell’industria e del benessere, in particolare nei Paesi sviluppati, sottolineiamo che, insieme a tali progressi storici, grandi e apprezzati, si verifica un deterioramento dell’etica, che condiziona l’agire internazionale, e un indebolimento dei valori spirituali e del senso di responsabilità. Tutto ciò contribuisce a diffondere una sensazione generale di frustrazione, di solitudine e di disperazione, conducendo molti a cadere o nel vortice dell’estremismo ateo e agnostico, oppure nell’integralismo religioso, nell’estremismo e nel fondamentalismo cieco, portando così altre persone ad arrendersi a forme di dipendenza e di autodistruzione individuale e collettiva.
La storia afferma che l’estremismo religioso e nazionale e l’intolleranza hanno prodotto nel mondo, sia in Occidente sia in Oriente, ciò che potrebbe essere chiamato i segnali di una «terza guerra mondiale a pezzi», segnali che, in varie parti del mondo e in diverse condizioni tragiche, hanno iniziato a mostrare il loro volto crudele; situazioni di cui non si conosce con precisione quante vittime, vedove e orfani abbiano prodotto. Inoltre, ci sono altre zone che si preparano a diventare teatro di nuovi conflitti, dove nascono focolai di tensione e si accumulano armi e munizioni, in una situazione mondiale dominata dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura del futuro e controllata dagli interessi economici miopi.
Affermiamo altresì che le forti crisi politiche, l’ingiustizia e la mancanza di una distribuzione equa delle risorse naturali – delle quali beneficia solo una minoranza di ricchi, a discapito della maggioranza dei popoli della terra – hanno generato, e continuano a farlo, enormi quantità di malati, di bisognosi e di morti, provocando crisi letali di cui sono vittime diversi paesi, nonostante le ricchezze naturali e le risorse delle giovani generazioni che li caratterizzano. Nei confronti di tali crisi che portano a morire di fame milioni di bambini, già ridotti a scheletri umani – a motivo della povertà e della fame –, regna un silenzio internazionale inaccettabile.
È evidente a questo proposito quanto sia essenziale la famiglia, quale nucleo fondamentale della società e dell’umanità, per dare alla luce dei figli, allevarli, educarli, fornire loro una solida morale e la protezione familiare. Attaccare l’istituzione familiare, disprezzandola o dubitando dell’importanza del suo ruolo, rappresenta uno dei mali più pericolosi della nostra epoca.
Attestiamo anche l’importanza del risveglio del senso religioso e della necessità di rianimarlo nei cuori delle nuove generazioni, tramite l’educazione sana e l’adesione ai valori morali e ai giusti insegnamenti religiosi, per fronteggiare le tendenze individualistiche, egoistiche, conflittuali, il radicalismo e l’estremismo cieco in tutte le sue forme e manifestazioni.
Il primo e più importante obiettivo delle religioni è quello di credere in Dio, di onorarLo e di chiamare tutti gli uomini a credere che questo universo dipende da un Dio che lo governa, è il Creatore che ci ha plasmati con la Sua Sapienza divina e ci ha concesso il dono della vita per custodirlo. Un dono che nessuno ha il diritto di togliere, minacciare o manipolare a suo piacimento, anzi, tutti devono preservare tale dono della vita dal suo inizio fino alla sua morte naturale. Perciò condanniamo tutte le pratiche che minacciano la vita come i genocidi, gli atti terroristici, gli spostamenti forzati, il traffico di organi umani, l’aborto e l’eutanasia e le politiche che sostengono tutto questo.
Altresì dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portali a compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione, per realizzare fini politici e economici mondani e miopi. Per questo noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione. Lo chiediamo per la nostra fede comune in Dio, che non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente.
Questo Documento, in accordo con i precedenti Documenti Internazionali che hanno sottolineato l’importanza del ruolo delle religioni nella costruzione della pace mondiale, attesta quanto segue:
- La forte convinzione che i veri insegnamenti delle religioni invitano a restare ancorati ai valori della pace; a sostenere i valori della reciproca conoscenza, della fratellanza umana e della convivenza comune; a ristabilire la saggezza, la giustizia e la carità e a risvegliare il senso della religiosità tra i giovani, per difendere le nuove generazioni dal dominio del pensiero materialistico, dal pericolo delle politiche dell’avidità del guadagno smodato e dell’indifferenza, basate sulla legge della forza e non sulla forza della legge.
- La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano.
- La giustizia basata sulla misericordia è la via da percorrere per raggiungere una vita dignitosa alla quale ha diritto ogni essere umano.
- Il dialogo, la comprensione, la diffusione della cultura della tolleranza, dell’accettazione dell’altro e della convivenza tra gli esseri umani contribuirebbero notevolmente a ridurre molti problemi economici, sociali, politici e ambientali che assediano grande parte del genere umano.
- Il dialogo tra i credenti significa incontrarsi nell’enorme spazio dei valori spirituali, umani e sociali comuni, e investire ciò nella diffusione delle più alte virtù morali, sollecitate dalle religioni; significa anche evitare le inutili discussioni.
- La protezione dei luoghi di culto – templi, chiese e moschee – è un dovere garantito dalle religioni, dai valori umani, dalle leggi e dalle convenzioni internazionali. Ogni tentativo di attaccare i luoghi di culto o di minacciarli attraverso attentati o esplosioni o demolizioni è una deviazione dagli insegnamenti delle religioni, nonché una chiara violazione del diritto internazionale.
- Il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale. Occorre condannare un tale terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni.
- Il concetto di cittadinanza si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia. Per questo è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità; esso prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli.
- Il rapporto tra Occidente e Oriente è un’indiscutibile reciproca necessità, che non può essere sostituita e nemmeno trascurata, affinché entrambi possano arricchirsi a vicenda della civiltà dell’altro, attraverso lo scambio e il dialogo delle culture. L’Occidente potrebbe trovare nella civiltà dell’Oriente rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo. E l’Oriente potrebbe trovare nella civiltà dell’Occidente tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale. È importante prestare attenzione alle differenze religiose, culturali e storiche che sono una componente essenziale nella formazione della personalità, della cultura e della civiltà orientale; ed è importante consolidare i diritti umani generali e comuni, per contribuire a garantire una vita dignitosa per tutti gli uomini in Oriente e in Occidente, evitando l’uso della politica della doppia misura.
- È un’indispensabile necessità riconoscere il diritto della donna all’istruzione, al lavoro, all’esercizio dei propri diritti politici. Inoltre, si deve lavorare per liberarla dalle pressioni storiche e sociali contrarie ai principi della propria fede e della propria dignità. È necessario anche proteggerla dallo sfruttamento sessuale e dal trattarla come merce o mezzo di piacere o di guadagno economico. Per questo si devono interrompere tutte le pratiche disumane e i costumi volgari che umiliano la dignità della donna e lavorare per modificare le leggi che impediscono alle donne di godere pienamente dei propri diritti.
- La tutela dei diritti fondamentali dei bambini a crescere in un ambiente familiare, all’alimentazione, all’educazione e all’assistenza è un dovere della famiglia e della società. Tali diritti devono essere garantiti e tutelati, affinché non manchino e non vengano negati a nessun bambino in nessuna parte del mondo. Occorre condannare qualsiasi pratica che violi la dignità dei bambini o i loro diritti. È altresì importante vigilare contro i pericoli a cui essi sono esposti – specialmente nell’ambiente digitale – e considerare come crimine il traffico della loro innocenza e qualsiasi violazione della loro infanzia.
- La protezione dei diritti degli anziani, dei deboli, dei disabili e degli oppressi è un’esigenza religiosa e sociale che dev’essere garantita e protetta attraverso rigorose legislazioni e l’applicazione delle convenzioni internazionali a riguardo.
A tal fine, la Chiesa Cattolica e al-Azhar, attraverso la comune cooperazione, annunciano e promettono di portare questo Documento alle Autorità, ai Leader influenti, agli uomini di religione di tutto il mondo, alle organizzazioni regionali e internazionali competenti, alle organizzazioni della società civile, alle istituzioni religiose e ai leader del pensiero; e di impegnarsi nel diffondere i principi di questa Dichiarazione a tutti i livelli regionali e internazionali, sollecitando a tradurli in politiche, decisioni, testi legislativi, programmi di studio e materiali di comunicazione.
Al-Azhar e la Chiesa Cattolica domandano che questo Documento divenga oggetto di ricerca e di riflessione in tutte le scuole, nelle università e negli istituti di educazione e di formazione, al fine di contribuire a creare nuove generazioni che portino il bene e la pace e difendano ovunque il diritto degli oppressi e degli ultimi.
In conclusione auspichiamo che:
questa Dichiarazione sia un invito alla riconciliazione e alla fratellanza tra tutti i credenti, anzi tra i credenti e i non credenti, e tra tutte le persone di buona volontà;
sia un appello a ogni coscienza viva che ripudia la violenza aberrante e l’estremismo cieco; appello a chi ama i valori di tolleranza e di fratellanza, promossi e incoraggiati dalle religioni;
sia una testimonianza della grandezza della fede in Dio che unisce i cuori divisi ed eleva l’animo umano;
sia un simbolo dell’abbraccio tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud e tra tutti coloro che credono che Dio ci abbia creati per conoscerci, per cooperare tra di noi e per vivere come fratelli che si amano.
Questo è ciò che speriamo e cerchiamo di realizzare, al fine di raggiungere una pace universale di cui godano tutti gli uomini in questa vita.
Abu Dabhi, 4 febbraio 2019

Sua Santità  Papa Francesco                   Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb

domenica 3 febbraio 2019

LETTURA AL VANGELO: IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.DON PIETRO

I NAZARENI VOGLIONO UCCIDERE GESU’

1. I giudei – nel brano odierno rappresentati dai Nazareni – avevano la presunzione di essere i padroni della promessa di Dio e i destinatari esclusivi del Suo disegno di salvezza
Gesù spezza questa supponente pretesa ed anche per questo finirà crocifisso.
I giudei al tempo di Gesù, anche a causa dell’umiliante occupazione e dominazione della loro terra da parte dei Romani, avevano sviluppato una forte coscienza della loro unicità e grandezza in quanto popolo dell’elezione.
Gesù non blandisce questo orgoglio collettivo ma apre una contraddizione nella coscienza d’Israele.
Voi – dice Gesù – vi dichiarate depositari delle promesse di Dio, ma poi ne impedite la realizzazione col vostro comportamento discriminatorio.
E che la promessa di Dio avesse un carattere universale, Gesù lo dimostra ricordando che, già nel passato, spesso la potenza miracolosa di Dio si era manifestata non dentro ma fuori i confini di Israele, tra i non ebrei.

2. Gesù, dunque, Parola provocatrice: ieri ma ancora oggi, con conseguente scandalo dei nazareni d’ogni tempo. Anche oggi la Parola di Dio coglie i suoi frutti non solo dentro ma anche fuori, oltre i confini del popolo di Dio.
L’unità del genere umano, la fratellanza fra gli uomini, l’umanizzazione della terra, la comunione degli uomini con Dio,… lo Spirito di Dio fa accadere questi eventi nel mondo, prima ancora che nella Chiesa, che è solo al servizio di queste realtà.
Gesù, dunque, portò il mondo di fuori dentro i confini di Israele per liberare il suo popolo dalle angustie del particolarismo orgoglioso. Ma Gesù rimase incompreso e combattuto dentro Israele.
Anche noi dobbiamo resistere alla tentazione della fuga dal posto in cui siamo. Come Gesù dobbiamo, questo sì, portare l’universo nel nostro mondo, le attese di tutti gli uomini.
Questo fatalmente aprirà delle contraddizioni nella casa in cui abitiamo e noi diventeremo odiosi agli occhi dei nostri che cercheranno di buttarci fuori e di eliminarci.
Gesù parlava di un Dio “diverso” da quello predicato dai tutori e dagli specialisti di Dio e perciò volevano lapidarlo.
Lo stesso accade a chi continua l’insegnamento del Maestro.